Nelle pianure al confine tra Ucraina e Russia, segnate dal conflitto, la sorte dei soldati nordcoreani schierati al fronte da Kim Jong-un appare tragica. Da fonti dell’intelligence militare ucraina, si apprende che il contingente nordcoreano ha affrontato la sua prima battaglia nei giorni 14 e 15 dicembre, subendo gravi perdite nel Kursk, un’area in cui le forze russe stanno lanciando violente controffensive.
Durante uno di questi attacchi, il contingente di Pyongyang avrebbe perso almeno 30 uomini tra caduti e dispersi, rimanendo vittima dei campi minati predisposti dagli ucraini. Un drone ucraino ha ripreso una scena agghiacciante: 23 cadaveri allineati nella neve, identificati dall’intelligence di Kiev come soldati nordcoreani, anche se le immagini, per un osservatore inesperto, risultano di difficile interpretazione.
Il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, ha lanciato severe accuse nei confronti delle forze russe, sostenendo che per occultare il coinvolgimento dei nordcoreani, i russi brucerebbero i volti dei caduti. In un video diffuso sui canali social, si vedono soldati dai tratti asiatici, confermando in parte le affermazioni di Kiev riguardo al contingente nordcoreano, sebbene l’identità delle vittime resti incerta.
Gli eventi sconcertanti di metà dicembre hanno suscitato un ampio dibattito, alimentato anche da informatori russi e ucraini. Le notizie si susseguono anche da Washington, dove il Pentagono conferma che i nordcoreani, unitisi alla linea del fronte dopo un breve addestramento con unità russe, hanno sofferto le prime perdite pesanti.
Nel contesto degli scontri, i nordcoreani appaiono impiegare tattiche obsolete di settant’anni fa, attaccando in massa, ma dimostrano una certa capacità di energia e adattabilità. Secondo un sito di informazioni militari ucraino, queste truppe hanno continuato a spingersi in avanti nonostante le perdite, opponendosi con successo sotto il fuoco preciso e determinato dell’artiglieria ucraina.
Le tragiche battaglie nei villaggi del Kursk, come Plekhovo e Vorobzha, testimoniano della morte di circa 200 soldati, di cui 30 nordcoreani. Anche se Pyongyang si è unita alla mischia nell’illusione di poter evitare il rilevamento dei droni grazie agli elmetti bianchi nella neve, i loro sforzi si sono dimostrati vani. Ciononostante, le forze di Kim Jong-un stanno imparando e migliorando le proprie tattiche di sopravvivenza: operazioni in piccoli gruppi per contrastare efficacemente i droni nemici.
I militari ucraini sostengono che la presenza dei nordcoreani nel campo di battaglia sia motivata dal desiderio di esperienza militare, una formazione utile ai fini delle tensioni con il Sud. Tuttavia, secondo fonti ucraine, il contingente affronta anche seri ostacoli comunicativi dovuti alla conoscenza limitata del russo, che avrebbe provocato episodi di “fuoco amico” con forze alleate come il battaglione ceceno Akhmat.
La partecipazione dei soldati nordcoreani in questo conflitto complesso e sanguinoso solleva interrogativi, mentre le atrocità perpetrate peggiorano ancora di più la crisi umanitaria, con l’imperativo per una pace duratura che ponga fine alle sofferenze.