Hagai Levine ha definito l’imminente liberazione degli ostaggi israeliani a Gaza come una vera e propria “resurrezione”, sottolineando la differenza tra questo termine e parole come “ritorno”. Questa scelta linguistica evidenzia la gravità della situazione vissuta da questi prigionieri, sottoposti a condizioni estreme sotto il controllo di Hamas. Il rilascio, previsto per il 19 gennaio 2025, rappresenta un momento cruciale, il culmine di mesi di negoziazioni e attese, che segnerà la fine di un incubo durato 670 giorni per molti familiari.

Hamas ha dichiarato che inizierà liberando tre ostaggi, in gran parte donne, parte di un totale di 33 prigionieri che includono bambini, donne, anche militari, e anziani. Israele, dal canto suo, ha accettato di rilasciare 50 prigionieri palestinesi per ogni soldatessa liberata. Tuttavia, la tesa attesa di queste ore è anche un periodo critico per mettere a punto rigidi protocolli sanitari e di sicurezza. Un documento dettagliato, redatto in ebraico, viene distribuito negli ospedali per preparare il personale medico e psicologico all’accoglienza dei liberati.

Le esperienze già vissute nel novembre 2023 quando Hamas liberò 105 prigionieri, hanno permesso agli specialisti di affinare le misure di accoglienza, nonostante l’incertezza sulle condizioni fisiche e psicologiche in cui si troveranno gli ostaggi. La privacy dei pazienti è una delle principali preoccupazioni, alla luce dell’impatto delle immagini pubbliche dei prigionieri liberati precedentemente. Gli esperti raccomandano un’attenzione particolare alla gestione delle informazioni personali sui social media e all’interazione dei familiari con l’esterno.

Il protocollo prevede l’organizzazione di reparti ospedalieri esclusivi per gli ostaggi e le loro famiglie, descrivendo le norme di sicurezza per limitare l’accesso ai soli autorizzati. Inoltre, si sottolinea il ruolo fondamentale dello psichiatra e del medico legale, con focus su problematiche come la sindrome da rialimentazione, comune nei pazienti malnutriti.

La psicologa Vered Atzmon Meshulam, specialista nell’organizzazione Zaka, ha spiegato che il primo giorno di liberazione sarà caratterizzato da un mix di emozioni, tra cui sollievo e gratitudine, ma anche stress e un possibile forte senso di colpa del sopravvissuto. Anche le famiglie degli ostaggi dovranno confrontarsi con sfide emotive e gestionali significative, incluso il risentimento di coloro che attendono ancora la liberazione dei propri cari.

Intanto, i nomi dei primi 33 hostages liberati sono stati resi noti. Tra questi, figura la famiglia Bibas e Kfir, il più giovane prigioniero a Gaza. Sono incluse anche la soldatessa Karina Ariev e Naama Levy, il cui video di cattura ha fatto il giro del mondo. Oded Liftshitz, 84 anni, fondatore del Kibbutz Nir Oz, farà parte del gruppo dei liberati. Anche storie di grande dolore e violenza, fisiche e psicologiche, emergono in questi racconti di prigionia e sopravvivenza.

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