A bordo del volo di Stato, Giorgia Meloni ha attentamente studiato ogni dettaglio dei numerosi dossier previsti. Ha segnato con cura sul suo caratteristico taccuino colorato le migliori opportunità e i possibili rischi del suo primo incontro bilaterale ufficiale con Donald Trump, presidente degli Stati Uniti. Dopo aver cenato in una nota steak house, ha trascorso la notte alla Blair House, l’ottocentesca residenza in mattoni rossi situata vicino alla Casa Bianca, riservata agli ospiti illustri da Trump.
Entrando oggi nello Studio Ovale, alla sera ora italiana, Meloni porterà con sé un miscuglio di emozioni: dall’incertezza dovuta all’imprevedibilità di Trump, alla speranza nascosta di ottenere un “risultato rilevante”. Il giorno successivo tornerà a Palazzo Chigi per un incontro con il vicepresidente J.D. Vance, il secondo passo nella trattativa.
Il sostegno di Andrea Stroppa, rappresentante italiano di Elon Musk, che su X le ha rivolto i suoi auguri (“Buon fortuna Giorgia Meloni”), indica che la questione Starlink potrebbe essere sul tavolo durante i colloqui. Per la premier, è cruciale mantenere lucidità, consapevole della rilevanza di questo confronto.
Sarà il primo leader europeo a incontrare Trump dopo l’annuncio della guerra commerciale sui dazi del 2 aprile. La sua proposta principale sarà quella di persuadere Trump a dialogare con Ursula von der Leyen, immaginando un vertice tra Stati Uniti e Commissione Europea per prevenire un possibile deterioramento dell’alleanza, nonostante l’opposizione finora mostrata da Washington rispetto alla richiesta europea di evitare barriere commerciali. Fonti vicine al governo non escludono che Trump possa essere aperto a un dialogo con Bruxelles, puntando a influenzare i rapporti dell’UE con la Cina.
Un nodo strategico sarà convincere i leader europei a raffreddare i legami con Pechino. Nel 2023, Meloni ha concluso l’accordo della Via della Seta e ora potrebbe offrire a Trump, oltre a notevoli acquisti di gas liquido statunitense, una revisione del partenariato firmato lo scorso anno con la Cina. Un esponente di FdI avverte: “È presto per parlare di revisioni”. Se Trump richiedesse a Meloni di partecipare a una coalizione contro l’espansione cinese, occorrerebbe coinvolgere tutta l’Europa nel caso in cui il presidente spingesse la UE a imporre restrizioni alle esportazioni cinesi.
Per evitare una guerra commerciale che potrebbe causare danni diffusi, la premier mantiene una comunicazione costante con Ursula von der Leyen. Sebbene la presidente della Commissione Europea abbia riposto fiducia nel ruolo di “facilitatrice” della premier italiana, esponenti della task force europea sui dazi manifestano irritazione per le azioni di Bruxelles. Un ministro commenta: “Se la Commissione dice che è una questione della UE, allora se ne occupi seriamente”.
Come ha sottolineato Giovanbattista Fazzolari, la questione dei dazi è critica per l’Italia, poiché gli Stati Uniti rappresentano 67 miliardi della bilancia commerciale del paese e il protezionismo di Trump è considerato un “grave pericolo”. Secondo quanto trapelato, Meloni non intende trattare sui dazi per agevolare le esportazioni italiane negli USA, in quanto l’ipotesi non è mai stata in campo.
Accompagnata dai suoi assistenti, la premier ha predisposto un piano per supportare una serie di “accordi industriali” tra Italia e Stati Uniti, che includono le aziende Fincantieri, Eni, Enel e Leonardo, con quest’ultima che potrebbe fornire agli USA un sistema di protezione delle frontiere. Durante l’incontro, si discuterà anche di Ucraina e Medio Oriente, sebbene non si prevedano trattative per l’acquisto di armamenti, come confermato da Crosetto.
Nel caso in cui Trump sollecitasse un aumento delle spese italiane per la difesa Nato, Meloni dichiarerà già raggiunto il 2% e difficilmente si impegnerà a superare il 3,5% negli anni a venire.