In un contesto geopolitico complesso come quello siriano, l’Europa tenta di affermare la propria influenza, pur trovandosi di fronte a ostacoli significativi. La recente visita a sorpresa dei ministri degli Esteri di Germania e Francia, Annalena Baerbock e Jean-Noël Barrot, a Damasco segna un passo importante, essendo i primi rappresentanti dell’Unione Europea a recarsi nella capitale siriana da quando i gruppi islamisti di Hayat Tahrir al-Sham (Hts) hanno preso il controllo a dicembre. Durante l’incontro con Ahmed al-Sharaa, conosciuto come Al Jolani, emergono immediatamente le complessità delle relazioni: Jolani si rifiuta di stringere la mano alla ministra Baerbock, segnale di tensioni latenti.

L’intento della missione franco-tedesca è quello di instillare un cauto ottimismo nei confronti del nuovo governo siriano, definendo al contempo linee guida rigorose. Tra queste, il rifiuto di supportare nuove strutture islamiche radicali, con l’aspettativa di un dialogo aperto, soprattutto riguardo ai diritti delle minoranze. La ministra Baerbock sottolinea il bisogno di moderazione ricordando i trascorsi estremistici di Hts e la possibilità di giudizio delle nuove figure politiche in base al loro impegno per il cambiamento.

Questo tentativo diplomatico è, inoltre, occasione per una riflessione interna all’Unione Europea, poiché la nuova Alta rappresentante per la politica estera e di sicurezza, Kaja Kallas, commenta pubblicamente l’operato dei ministri, affermando la loro rappresentanza a nome dell’Unione e invocando il rispetto dei principi concordati con altre parti regionali. Questo gesto mette in evidenza le sfide strutturali dell’UE, dove la politica estera spesso resta gestita dai singoli governi nazionali, nonostante i tentativi dell’Alta rappresentante di garantirsi un ruolo più incisivo e autorevole.

Da quando Kallas ha assunto questo ruolo, ha cercato di imprimere un cambiamento, a partire dal sostegno deciso all’Ucraina e da una nuova gestione delle risorse congelate della Russia. Tuttavia, la sua posizione si scontra frequentemente con le decisioni centrali della Commissione Europea e del Consiglio Europeo, come dimostrato dalle missioni affidate ad altri leader europei in contesti simili.

Questa dinamica interna perpetua le difficoltà di gestione coordinata della politica estera dell’Unione, come mostra l’esempio della missione franco-tedesca in Siria. Nonostante ciò, la presa di posizione di Kallas rappresenta un picolo segnale positivo per l’affermazione di un’identità comune europea nel complesso scenario internazionale.

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