Negli ultimi anni, la Siria ha subito una frammentazione sempre più evidente, trasformandosi in una sorta di mosaico di cantoni indipendenti. In questo contesto, la Russia, una delle principali potenze sostenitrici del regime di Bashar al-Assad, si trova a prendere decisioni strategiche complesse. Vladimir Putin, concentrato di recente sull’espansione della sua influenza in Medio Oriente, pare ora assumere un atteggiamento di distacco rispetto alla crisi siriana, mentre si reca in Bielorussia per firmare accordi diplomatici.

Fonti russe, citate dal sito Bloomberg, suggeriscono che la capacità di intervento della Russia in Siria sia limitata, soprattutto in un momento in cui le truppe di Assad arretrano e perdono terreno senza opporre resistenza significativa. Questa situazione è ulteriormente complicata dal coinvolgimento russo nel conflitto ucraino, che ha richiesto la concentrazione di risorse e il posizionamento di uomini e mezzi altrove. Ciò fa sì che le basi aeree siriane, come quella di Hmeimin, si trovino con scarse risorse militari a disposizione.

Si è anche discusso della possibile mobilitazione di mercenari dell’ex gruppo Wagner, operanti in Africa, ma tale soluzione è vista come insufficiente. La Russia sembra assistere al progressivo sgretolamento dell’investimento fatto in Siria, una missione che aveva permesso al Cremlino di riconquistare un’importante posizione strategica nella regione.

Diversamente, l’Iran, altro alleato di Assad, appare deciso a proseguire nel sostegno al regime. La Repubblica Islamica ha già dispiegato uomini e mezzi, come droni e consiglieri militari, per garantire la stabilità siriana, nonostante le difficoltà logistiche dovute alle operazioni israeliane e al controllo dei curdi nell’area di Albukamal, punto nevralgico per il transito di risorse.

Le tensioni nella regione incidono anche sui piani di Hezbollah e delle milizie irachene, anche se queste ultime hanno differenti posizioni riguardo all’intervento. Sul fronte israeliano, l’attuale situazione è vista con occhio positivo poiché disturba l’asse Russia-Iran-Siria, riducendone la coesione. Tuttavia, Israele non desidera particolarmente un successo dei ribelli, e rimane vigile agli sviluppi, come dimostrano le operazioni sul Golan per stabilire una fascia di sicurezza.

Mentre la crisi siriana continua a evolversi, i margini di manovra per tutti gli attori coinvolti restano strettamente vincolati alle mutevoli dinamiche geopolitiche e militari della regione entro cui ogni mossa deve essere calcolata con estrema precisione.

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