A due anni dai clamorosi arresti legati al cosiddetto Qatargate, le indagini sull’ipotizzato sistema di corruzione in seno al Parlamento europeo sembrano essersi arenate. Il focus era incentrato sulle presunte tangenti provenienti da Marocco e Qatar destinate a influenzare alcuni Europarlamentari. All’epoca, tra i soggetti finiti in manette c’erano figure di spicco, come l’ex sindacalista e parlamentare Antonio Panzeri e la greca Eva Kaili, allora vicepresidente dell’Eurocamera, suoi tra i coinvolti anche Francesco Giorgi, collaboratore e compagno della Kaili. Nelle abitazioni di Panzeri e Giorgi furono rinvenuti più di un milione e mezzo di euro in contanti, la cui origine rimane tuttora incerta.

In Belgio, le indagini continue non paiono portare a sviluppi, rallentate da un sistema giudiziario che non pone reali limiti alla durata delle indagini preliminari. Queste sono state condotte principalmente dai servizi segreti, il cui operato sfugge a verifiche da parte delle difese. Gli imputati restano in una condizione di sospensione, in attesa di accuse formali contro cui potersi difendere. Nel frattempo, i sospetti corruttori sembrano trattati con una certa delicatezza: i marocchini, ad esempio, saranno giudicati in patria, mentre dal Qatar qualche esponente è riuscito a evitare l’arresto grazie a salvacondotti.

Recentemente sono giunti a Milano due nuovi procuratori belgi, Laurent Pierard e Marie Astrid Dembour, per collaborare con il pubblico ministero italiano Fabio De Pasquale, che ha già archiviato la parte dell’inchiesta relativa a Susanna Camusso. In questo contesto, Francesco Giorgi, dopo un lungo silenzio, ha scelto di raccontare la sua verità. Dichiarando che il denaro trovato non appartiene a lui, sottolinea che non vi è stata alcuna corruzione. Le sue parole contrastano con le accuse, evidenziando che le attività da lui svolte con Panzeri erano in ambito diplomatico e di consulenza.

L’intero caso è ulteriormente complicato dai cambiamenti dei protagonisti nell’apparato giudiziario belga: il giudice istruttore Claise si è ritirato dalle indagini per conflitto di interessi, mentre il poliziotto responsabile delle indagini ha ammesso che l’accusa si basa su testimonianze poco solidi, fra cui quelle ottenute sotto pressione da Panzeri. Giorgi stesso racconta di pressioni subite durante gli interrogatori, mirate a costringerlo a riconoscere un coinvolgimento che sostiene di non avere avuto.

La questione ancora aperta riguarda il motivo per cui due nazioni ritenute alleate strategiche dall’Ue avrebbero dovuto fare affidamento su un ex deputato come Panzeri, apparentemente inadatto a una simile missione di influenza. Resta inoltre il dubbio sulle motivazioni dell’arresto di Eva Kaili, detenuta lontana dalla figlia senza comprovate prove. Antonio Panzeri, in un controverso patteggiamento, ha rilasciato dichiarazioni che coinvolgono Giorgi, ma che sono, secondo quest’ultimo, prive di fondamento, fatte solo per placare le autorità e proteggere la famiglia di Panzeri. La complessità del caso, le controversie giudiziarie e i sospetti legatissimi a geopolitica e dinamiche interne all’Ue, continuano ad alimentare dibattiti e riflessioni.

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