Nel 1992, durante i disordini mortali di Los Angeles, il presidente statunitense di allora, George H.W. Bush, impiegò l’Insurrection Act per dispiegare l’esercito americano. Douglas Ollivant, giovane tenente dell’esercito, fu coinvolto nelle operazioni. La situazione fu gestita in modo abbastanza fluido poiché la responsabilità di ristabilire l’ordine era affidata principalmente alla polizia, non alla 7a Divisione di Fanteria di Ollivant, la quale non dovette trattenere o sparare a nessuno. Venne posta una particolare attenzione nel tenere le truppe federali lontane dalle prime linee e il loro ruolo fu di supporto alle forze di polizia.
Al termine di sei giorni di proteste, si contarono 63 morti e 2.383 feriti, sebbene nessuno per mano dei militari. Tuttavia, all’interno della comunità militare USA emerge il timore che un eventuale nuovo dispiegamento di forze armate nel territorio nazionale possa portare a scenari diversi, soprattutto alla luce delle posizioni di Donald Trump riguardo l’uso dell’esercito contro presunte minacce interne.
Dopo le elezioni, Trump ha dichiarato di voler utilizzare l’esercito per la deportazione di immigrati illegali, suscitando preoccupazioni in merito all’uso delle truppe per fini politici. Molti nel mondo militare temono che l’addestramento delle truppe non sia adeguato a gestire operazioni domestiche senza spargimenti di sangue, considerando che i militari sono principalmente addestrati per combattere nemici stranieri. Misure chiave come le “regole d’ingaggio” devono essere chiaramente definite per determinare quanta forza possa essere usata, nel rispetto delle protezioni costituzionali per i cittadini e residenti statunitensi.
Il generale in pensione Marvin Covault, comandante della 7a Divisione di Fanteria durante la crisi di Los Angeles, afferma che all’epoca riuscì a evitare l’uso di forza letale ordinando che le camere dei fucili restassero vuote salvo situazioni di autodifesa e restrinse l’uso di armi automatiche. Tuttavia, egli decise queste regole a sua discrezione, senza direttive esplicite dall’alto, sollevando dubbi su come opererebbero le truppe oggi in simili circostanze.
Nel 2020, durante le proteste successive alla morte di George Floyd, Trump contemplò apertamente l’uso della forza contro i manifestanti, secondo quanto scritto dall’ex segretario alla Difesa, Mark Esper, nel suo libro. Trump avrebbe suggerito metodi violenti per controllare le proteste, ma fu dissuaso dall’attuare certe idee.
L’attuale dibattito tra esperti militari e giuristi pone domande cruciali sulla possibilità che le forze armate possano essere usate per obiettivi politici più espliciti. La questione è discussa con cautela tra ufficiali ancora in servizio attivo, e molti esperti legali notano una crescente preoccupazione da parte di militari e civili del Dipartimento della Difesa riguardo alle possibili azioni future.