Mercoledì, presso la prigione politica di Sednaya in Siria, centinaia di persone si aggiravano nei dintorni dell’edificio. Era il terzo giorno dal sorprendente avanzamento militare dei ribelli che aveva deposto Bashar al-Assad, il quale aveva governato con un pugno di ferro per tredici anni di guerra civile feroce. Quando i ribelli hanno preso il controllo di Damasco, i carcerieri sono fuggiti da Sednaya, consentendo ai prigionieri di ottenere la libertà. I visitatori di quel giorno erano parenti di uomini noti per essere stati detenuti lì ma di cui non si trovavano tracce. Sui prati esterni, in parte anneriti dai recenti incendi, si potevano vedere gruppi di persone accampate in un limbo angosciante.
Quella mattina, un team turco di ricerca e soccorso, riconoscibile dalle tute blu, era impegnato con pale nel buio blocco amministrativo, lavorando su un piccolo rettangolo di terra da cui era stata rimossa una lastra di cemento. Circolavano voci su una botola sepolta che conduceva a una “prigione rossa” – una struttura sotterranea segreta dove centinaia o forse migliaia di prigionieri potevano essere ancora vivi, sebbene morenti di fame, sete o soffocamento. Che le voci fossero vere o meno, quasi tutti a Sednaya sembravano crederci, e diversi familiari si avvicinavano per chiedere se, in quanto “occidentale”, potessi fornire tecnologia per scrutare attraverso i pavimenti. Il leader del team turco mi ha detto che il suo gruppo non disponeva di altro che pale. “Siamo qui perché vogliamo mostrare solidarietà,” ha spiegato, indicando le persone disperate intorno a lui.
Essere sepolti vivi è una metafora appropriata per una popolazione a cui le libertà civili sono state schiacciate dalla dinastia Assad per mezzo secolo. Hafez al-Assad, un nazionalista laico appartenente alla minoranza alawita, gestì la Siria in modo tirannico dal 1971 fino alla sua morte nel 2000. Gli succedette il figlio Bashar, un ex oculista, che si è dimostrato altrettanto oppressivo del padre. La guerra civile è scoppiata nel 2011, dopo che Bashar ha risposto a una dimostrazione pacifica con una violenta repressione. Da allora, si stima che siano stati uccisi seicentomila siriani; circa sei milioni, quasi un terzo della popolazione, sono fuggiti in esilio.