Marco Rubio, senatore repubblicano della Florida, è stato scelto dal Presidente eletto Donald Trump per il ruolo di segretario di Stato. La sua nomina sembra uno dei pochi punti sicuri dell’amministrazione nascente, dato che ha già ottenuto il sostegno di alcuni senatori democratici e viene visto come un interlocutore competente e fidato sia dai diplomatici statunitensi che dagli ufficiali stranieri. Rubio dovrebbe essere confermato al Senato senza difficoltà, grazie alla sua reputazione di persona ragionevole e ben addestrata.
Tuttavia, nonostante questa partenza promettente, molti osservatori ritengono che il suo mandato potrebbe essere breve e tumultuoso. Le pressioni e le difficoltà sembrano moltiplicarsi ancor prima che inizi. Da un lato, il senatore si scontra con la resistenza della base “MAGA” di Trump, che lo considera troppo interventista. Dall’altro, il panorama della politica estera dell’amministrazione Trump si arricchisce di una serie di inviati speciali le cui mansioni rischiano di sovrapporsi a quelle del Dipartimento di Stato, indebolendone ulteriormente l’autorità.
Uno di questi inviati speciali è Richard Grenell, molto apprezzato dai sostenitori di Trump ma visto con sospetto dai diplomatici tradizionali. Sebbene attualmente sia stato nominato “inviato presidenziale per missioni speciali”, alcuni ipotizzano che potrebbe in futuro sostituire Rubio. Inoltre, Rubio dovrà affrontare l’ostilità aperta di Tammy Bruce, portavoce del Dipartimento con un passato di critiche verso di lui.
Le relazioni personali tra Rubio e Trump hanno un passato complesso. I due furono rivali nella corsa presidenziale del 2016 e scambiarono pesanti insulti. Malgrado le loro successive riconciliazioni, potrebbero emergere divergenze significative su politiche chiave. Ad esempio, Rubio ha una lunga storia di sostegno alle cause dei diritti umani, tema per il quale Trump mostra scarso interesse.
L’efficacia di Rubio come capo diplomatico degli Stati Uniti dipenderà anche dal suo rapporto con il rappresentante GOP Mike Waltz, nuovo consigliere per la sicurezza nazionale di Trump. Una collaborazione efficace potrebbe rafforzare la sua posizione, ma dovrà navigare con cautela fra le dinamiche di potere interne all’amministrazione.
Gestire il Dipartimento di Stato sotto Trump implica affrontare la diffidenza dell’amministrazione nei confronti dei diplomatici di carriera, spesso percepiti come ostacoli a un’agenda di politica estera che si concentra sull’America First. Le iniziative del servizio estero sono raramente prioritarie e il dipartimento ha visto la sua influenza erodersi negli anni, spesso scavalcato dal Consiglio di Sicurezza Nazionale della Casa Bianca e dal ben finanziato Pentagono.
Se Rubio desidera mantenere un ruolo significativo, dovrà gestire con abilità la sua posizione, mostrando rispetto per i dipendenti del Dipartimento ma chiarendo che devono allinearsi agli obiettivi dell’amministrazione Trump. Un equilibrio delicato, con sfide che determineranno non solo la longevità del suo incarico, ma anche l’orientamento della politica estera statunitense nei prossimi anni.