Il dramma che sta vivendo il popolo siriano è un dolore che si perpetua attraverso le generazioni. Shady Hamadi, scrittore nato nel 1988 a Milano da padre siriano esule, Mohamed, descrive la tragica situazione nel suo libro “La nostra Siria grande come il mondo”. Mohamed, attivista politico, fu vittima di torture nel famigerato carcere di Homs, emblema di una repressione vigente da oltre cinquant’anni sotto il regime degli Assad.
Le immagini attuali che ci giungono dalla Siria, con file interminabili di persone fuori dalle prigioni nella speranza di ritrovare i propri cari scomparsi, testimoniano la crudezza di una nazione martoriata. Sednaya, conosciuta come “il mattatoio”, e la prigione centrale di Homs sono solo due dei luoghi in cui questa sofferenza è palpabile. La ricerca incessante di padri, madri, fratelli strappati dalle loro vite è lo specchio di un dolore che si rifiuta di farsi dimenticare.
Con la caduta del regime di Assad, la Siria entra in una fase di transizione che sarà lunga e complessa. La ricostruzione del Paese, frantumato da anni di conflitti, richiederà generazioni. Tuttavia, la pace è ancora lontana. Sullo sfondo ci sono le manovre di potere di vari attori internazionali: la Turchia, con i suoi obiettivi territoriali contro il braccio armato dei curdi del PKK, e la presenza russa lungo la fascia costiera, ancora alleata con le forze fedeli al regime di Assad.
In questo contesto, la figura di Al Jolani, leader dei ribelli con un passato in Al Qaeda, suscita interrogativi. Pur rimanendo un fondamentalista, porta con sé una complessità che trascende le semplicistiche etichette occidentali di “bene” e “male”. Ha promesso riforme, amnistie per i militari e rispetto delle libertà individuali, ma la sua adesione a questi impegni resta una questione aperta.
La figura di Bashar al-Assad continua a proiettare la sua ombra sul futuro del Paese. Anche lontano dal potere diretto, mantiene una rete di contatti e risorse economiche, frutto di traffici illeciti e legami di potere, che potrebbero essere sfruttati dalla Russia per destabilizzare ulteriormente il processo di transizione. Il destino auspicato per Assad sarebbe quello di un processo in un tribunale internazionale, ma l’incertezza persiste.
In Europa, mentre alcuni Paesi valutano il blocco delle richieste d’asilo, si ignora che la fine di un regime non comporta la fine della guerra. Finché le condizioni non saranno effettivamente migliorate, molti siriani cercaranno la pace altrove, al costo di diventare rifugiati.
La sofferenza della popolazione siriana è una ferita aperta che il mondo non può trascurare. Amid questa incertezza, la famiglia di Hamadi, come molte altre, vive un dolore personale drammaticamente rappresentativo di un’intera nazione in cerca di giustizia e pace.