In queste ore tumultuose, l’eco dell’annuncio della morte di Sayyed Hassan Nasrallah, leader del Partito di Dio (Hezbollah), si diffonde come una tempesta in Medio Oriente. La notizia, confermata ufficialmente da Hezbollah, ha colpito Beirut e rappresenta un punto di svolta cruciale per il Libano e l’intera regione.
Gli effetti di questo evento storico sono presto palpabili. Dalla rete televisiva fedele al partito, al-Manar, sospensione delle diretta e preghiere onorevoli dominano le trasmissioni. Il governo ha, inoltre, indetto tre giorni di lutto. Ma ciò che conta più delle parole è lo shock che ha invaso un’intera nazione.
Eppure, mentre gran parte del Medio Oriente prova stizza e indignazione per gli attacchi che Hezbollah e il Libano stanno subendo, non tutti condividono lo stesso dolore. Infatti, alcune località sembrano addirittura festeggiare. Questo è particolarmente evidente in città come Tiro, nel nord del Libano, ma anche in diversi villaggi nel sud, dove le parate di Hezbollah hanno subito assalti da parte di abitanti infuriati. E soprattutto nel nord della Siria, nella regione di Idlib, dove Hezbollah ha affiancato nel corso degli anni il presidente Bashar al-Assad nella repressione degli oppositori.
Mentre il governo libanese chiama una riunione d’emergenza, i droni israeliani continuano a ronzare nel cielo di Beirut, accattivando gli occhi del mondo verso l’aeroporto. Sia Israele che l’Iran hanno cancellato tutti i voli per la capitale libanese, tagliando così la connessione diretta tra l’Iran e Hezbollah.
Questo evento ha sicuramente lasciato una cicatrice profonda non solo nel Medio Oriente, ma nel resto del mondo. Tuttavia, la morte di Nasrallah non solo rappresenta la fine di un’era, ma pone anche l’inizio di un ferale epilogo di cui ancora non si intravede la fine.