Un devastante terremoto di magnitudo 7.7 ha colpito il Myanmar e si è fatto sentire nettamente anche in Thailandia, particolarmente a Bangkok. Elisa Serafini, una giornalista italiana residente a Bangkok da più di due anni, si trovava all’ottavo piano di un edificio quando la terra ha iniziato a tremare. Inizialmente ha pensato di avere un attacco epilettico, ma presto ha compreso che si trattava di un terremoto. A Bangkok, sebbene si siano registrati danni relativi con il crollo di due edifici, le perdite umane sono state limitate rispetto alla popolazione cittadina di oltre dieci milioni.

L’efficienza delle infrastrutture costruite secondo criteri antisismici, unita a un’organizzazione pronta a gestire l’emergenza, ha limitato le conseguenze disastrose. Molti edifici sono rimasti inagibili fino a quando controlli di sicurezza hanno potuto certificarne l’integrità, grazie anche all’impegno di numerosi ingegneri volontari. I servizi della città stanno riprendendo il loro corso normale.

In contrasto, la situazione in Myanmar è drammatica. L’epicentro del sisma è stato localizzato a 16 km a Nord-Ovest di Saigang, e si contano già oltre mille vittime e un numero imprecisato di dispersi, in un contesto aggravato dalla guerra civile che complica notevolmente le operazioni di soccorso. La tragedia in Myanmar, trascurata a livello mediatico, richiama l’attenzione sulla vulnerabilità di un popolo già duramente provato.

La comunità thailandese, sebbene non abituata a sismi di questa portata, affronta il momento con la filosofia buddista del “qui e ora”, riconoscendo le forze naturali che sfuggono al controllo umano. Tuttavia, continua la distinta preoccupazione per eventuali scosse di assestamento che potrebbero ulteriormente mettere a rischio le strutture già compromesse.

Elisa Serafini, mentre valuta se restare temporaneamente in una residenza più bassa, sottolinea l’importanza di non dimenticare la crisi in Myanmar, sperando in una maggiore sensibilità e supporto internazionale.

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