Il devastante terremoto che ha colpito il Myanmar continua a mietere vittime mentre i tentativi di salvare vite umane si avviano verso una fase critica. A distanza di tre giorni dalla catastrofe, il tempo per estrarre sopravvissuti dalle macerie è sempre più limitato. In mezzo a tanta disperazione, un barlume di speranza è giunto stamani con il salvataggio di una donna rimasta intrappolata per 60 ore sotto le macerie dell’Hotel Great Wall a Mandalay. L’operazione di soccorso, durata cinque ore, è stata accolta con applausi dai presenti, immortalata in un video che mostra la donna portata via su una barella.

Nonostante questo successo, la situazione rimane gravissima: le stime indicano che migliaia di persone sono ancora sotto i detriti e il numero delle vittime accertate ha superato duemila. Secondo i dati diffusi dalla giunta militare, tuttavia, il Servizio Geologico degli Stati Uniti (USGS) prevede che il bilancio finale possa superare le 10.000 vittime.

I superstiti si trovano in condizioni disperate, lottando per la sopravvivenza senza casa, acqua sicura e cure mediche. Paolo Pezzati, portavoce di Oxfam Italia per le emergenze umanitarie, descrive una situazione drammatica, con un bisogno urgente di rifugi, acqua potabile e assistenza sanitaria. Attualmente, gli sforzi sono concentrati nel fornire kit igienico-sanitari e beni essenziali agli sfollati. Le conseguenze di questa tragedia sono inimmaginabili, con ospedali al collasso e il rischio di epidemie mentre i danni a infrastrutture come aeroporti e ponti complicano ulteriormente l’assistenza umanitaria.

Per dirigere efficacemente gli aiuti nelle zone maggiormente colpite, l’Unione Europea ha attivato Copernicus, il sistema di monitoraggio satellitare. Esso ha documentato i danni anche nelle aree più remote e ostili alla giunta, fornendo mappe dettagliate di numerosi villaggi devastati dal sisma. Queste informazioni sono cruciali per migliorare la risposta dei soccorritori.

Nel frattempo, gli esperti cercano di comprendere la portata e le peculiarità del terremoto, che ha avuto un impatto più devastante rispetto a un sisma standard di magnitudo 7.7. Recenti analisi rivelano che la rottura della faglia è avvenuta lungo una sezione significativamente più lunga di quanto inizialmente previsto, passando dai 200 chilometri stimati a oltre 450 chilometri. Concetta Nostro, sismologa dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, sottolinea che tali eventi non sono inusuali in aree prive di una rete sismologica locale, basandosi su dati provenienti da stazioni lontane dall’epicentro.

Nonostante Bangkok disti mille chilometri dal punto centrale del terremoto, la parte finale della frattura si trovava a soli 600 chilometri, il che spiega l’intensità delle scosse percepite anche in aree distanti. La comprensione precisa della lunghezza della faglia continua a migliorare man mano che nuove informazioni emergono.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *