Le accuse mosse dal Wall Street Journal riguardo le presunte crudeltà esercitate dalle guardie russe sui prigionieri di guerra ucraini rivelano un quadro di violenze e abusi sistematici. Queste accuse sono state corroborate dal racconto di tre ufficiali russi che hanno deciso di collaborare con la Corte Criminale Internazionale. Il regime di Vladimir Putin, secondo queste testimonianze, avrebbe ordinato di trattare i detenuti ucraini con estrema brutalità, garantendo totale impunità per qualsiasi atto di violenza.
Particolarmente colpiti sarebbero i militari identificati con simbologie nazionaliste ucraine, come i tatuaggi, e volontari delle milizie come l’unità Azov. Le sevizie riportate comprendono percosse continue, privazioni di cibo e sonno, e addirittura l’uso di scariche elettriche sui genitali, come affermato dai testimoni. Le celle sarebbero in condizioni disumane: gelide in inverno e soffocanti in estate, spesso sovraffollate o, al contrario, usate per isolamenti prolungati in spazi angusti, incrementando il senso di claustrofobia e di soffrire sepoltura viva.
Tra i metodi psicologici applicati vi sarebbe anche l’indottrinamento forzato per convincere i detenuti a passare dalla parte dell’esercito russo. Testimonianze indicano inoltre condizioni igieniche deplorevoli, tali da ricordare le condizioni dei lager nazisti, e che al di là dei pestaggi fisici, sarebbero state incoraggiate le infezioni delle ferite, fino a portare, nei casi più gravi, a necessarie amputazioni.
Nonostante le ripetute denunce di violazioni dei diritti umani da parte del governo ucraino e le condanne da parte delle Nazioni Unite e altre organizzazioni internazionali, molte testimonianze, per timore di ulteriori ritorsioni, non sono state rese pubbliche in dettaglio. Gli ex prigionieri liberati, comprese alcune donne, hanno raccontato le loro esperienze in conferenze stampa, sebbene con toni moderati per evitare ulteriori crudeltà su coloro che ancora si trovano detenuti.
Sin dall’inizio dell’invasione russa nel 2022, queste pratiche sono state ampiamente denunciate. La strategia delle autorità russe, secondo il Wall Street Journal, prevederebbe modalità strutturate perché le guardie, il cui volto rimane sempre celato, non possano essere riconosciute dai prigionieri, che verrebbero puniti anche solo se cercassero di stabilire un contatto visivo. La brutalità delle tecniche applicate si sarebbe intensificata nel tempo, includendo umiliazioni psicologiche come il canto forzato di inni russi e false confessioni per ottenere una fine anticipata delle torture.
In risposta alle gravi accuse, un portavoce del Cremlino ha liquidato la questione come basata su generalizzazioni infondate, esortando a considerare ogni caso nella sua unicità. Tuttavia, queste dichiarazioni sono in contrasto con le relazioni della Corte Internazionale, che accusa Mosca di azioni sistematiche di deportazione e violenza sui civili dei territori occupati.
Sul fronte delle conseguenze psicologiche, la comunità medica ucraina si sta specializzando nel trattamento degli effetti post-traumatici sui soldati e sui civili colpiti da tali brutalità. Il lungo conflitto ha infatti intensificato l’esigenza di risorse per far fronte alle profonde ferite lasciate sulle vittime di questi atti di violenza.