L’analisi del nuovo panorama politico in Siria rivela una svolta significativa sotto la guida di Ahmad al Sharaa, conosciuto anche come Abu Mohammad al-Jolani. Dopo essere stato un militante panislamico allineato con Al Qaeda e combattente di Isis, al-Jolani si presenta ora come uno statista pragmatico, orientato alla costruzione di una “nuova Siria” inclusiva e unita. Il suo passato controverso solleva interrogativi nella comunità internazionale, particolarmente in merito alla possibilità di fidarsi di lui o al rischio che la Siria possa scivolare verso un’instabilità simile a quella afgana.
Nei suoi discorsi recenti, al-Jolani ha enfatizzato concetti come la “pace sociale”, il “dialogo tra comunità diverse” e il “rispetto per tutti i siriani”. Queste dichiarazioni, nonostante il suo passato complesso, stanno guadagnando un qualche credito internazionale, tanto che alcune nazioni, come gli Stati Uniti, hanno già iniziato a riallacciare i contatti, revocando precedenti accuse di terrorismo nei suoi confronti. L’Italia, insieme ad altri paesi europei, ha già ripreso le operazioni diplomatiche a Damasco.
Il nuovo governo comprende figure come Asaad Hassan al-Shaibani, nominato Ministro pro tempore degli Esteri, riconosciuto per la sua concretezza e attitudine a intrattenere relazioni esterne. Nel settore della difesa, Murhaf Abu Qasra, noto per il suo ruolo nelle milizie, è ora un volto chiave. L’obiettivo del nuovo esecutivo è di avviare una tregua di tre mesi, durante i quali progredire verso una Conferenza nazionale che rappresenti tutte le comunità siriane, con l’intento di redigere una nuova costituzione.
Al centro delle discussioni ci sono questioni fondamentali come la modalità di selezione dei delegati per la Conferenza nazionale e se permettere la presenza di osservatori internazionali. Inoltre, la questione di fondo è se la costituzione dovrebbe essere formulata prima o dopo le elezioni per assicurarne la pluralità.
L’attenzione è anche rivolta al trattamento delle minoranze, in particolare le comunità alawita e cristiana, che storicamente hanno sostenuto il regime di Assad e ora vivono con il timore di ritorsioni. Le testimonianze indicano una preoccupazione diffusa tra i cristiani, molti dei quali considerano l’idea di emigrare, mentre gli alawiti contemplano l’impossibile sogno di uno stato indipendente. Per ora, a parte vendette isolate, la transizione sembra mantenersi pacifica.
Un altro elemento cruciale in questo contesto è la strategia nei confronti della comunità curda, un nodo complesso che al-Jolani afferma di voler affrontare tramite il dialogo inclusivo. La Turchia, che ha un ruolo sottile nel nuovo equilibrio siriano, è determinata a eliminare la presenza curda a nord-est della Siria, un avversario che Ankara considera minaccioso. Il presidente turco Erdogan, col quale il dialogo è stato ripreso, ha influenzato notevolmente il corso degli eventi, e il suo coinvolgimento rimane una variabile significativa negli sviluppi futuri della Siria.