Con l’elezione di Donald Trump alla presidenza, si manifestano potenti alleanze pronte a sostenere la sua agenda di deportazione di massa, specialmente tra gli sceriffi del paese. Queste figure, da tempo considerate essenziali nel supportare le autorità federali nella localizzazione e nel rimpatrio di individui che attraversano illegalmente i confini, sono ora più motivate che mai a intensificare le azioni sotto un eventuale secondo mandato di Trump.

Numerosi sceriffi, allineati politicamente con Trump, auspicano un ampliamento di un specifico programma federale che conceda loro l’autorità di interrogare e trattenere persone sospettate di essere immigrati clandestini. Una delle speranze condivise da molti è l’aumento dei finanziamenti da parte del Congresso, il che permetterebbe loro di intensificare le operazioni di pattugliamento mirate direttamente alla cattura di migranti.

La figura di Thomas Hodgson, che ha ricoperto il ruolo di sceriffo nella Contea di Bristol, in Massachusetts, per un quarto di secolo, è emblematica di questo sentimento di fiducia. Hodgson, sottolineando l’affidabilità di Trump nelle promesse fatte, prevede un’attività ancora più intensa da parte degli sceriffi in questa direzione. Tali sentimenti sono condivisi anche da figure come Michael Chitwood, sceriffo della Contea di Volusia in Florida, che parla di una potenziale rimozione delle protezioni esistenti e un incremento dei controlli sull’immigrazione che prima non erano implementati.

Tuttavia, questo scenario di collaborazione presenta delle complicazioni, considerando la natura complessa del sistema di immigrazione statunitense, governato da un intreccio di leggi e ordinanze statali e locali spesso in contrasto tra loro. Alcuni sceriffi, inoltre, si oppongono all’idea di cooperare con le agenzie federali come l’ICE, convinti che tale coinvolgimento potrebbe compromettere la sicurezza pubblica disincentivando le comunità dal collaborare con le forze dell’ordine.

In questa complessa situazione, le cosiddette “città santuario” rappresentano un altro elemento di tensione, opponendosi ai piani di deportazione di massa proposti da Trump. Tom Homan, un personaggio di spicco nell’amministrazione Trump, ha chiarito l’intenzione di bloccare i finanziamenti federali a quei centri urbani che opporranno resistenza. Intanto, l’Associazione degli sceriffi delle contee principali, attraverso la voce del direttore esecutivo Megan Noland, si fa portavoce della preoccupazione che tali tagli finanziari non solo non migliorerebbero i risultati, ma potrebbero anche compromettere l’efficacia delle forze dell’ordine. Lo Stato della California, ad esempio, con la sua pesante maggioranza democratica, potrebbe prefigurarsi come un territorio particolarmente sfidante, visti i limiti già posti alla collaborazione tra le forze dell’ordine locali e gli agenti federali dell’immigrazione.

Attivisti e gruppi di advocacy per l’immigrazione sono sul piede di guerra, pronti a contrastare gli sforzi di deportazione dell’amministrazione Trump. Il controverso programma 287(g), che permette la collaborazione tra forze locali e federali nel trattenere sospetti immigrati clandestini, è nel mirino. Secondo tali gruppi, questo programma è suscettibile di produrre profilazione razziale e potenziali violazioni dei diritti civili.

Infine, l’appoggio a Trump nel mondo degli sceriffi è particolarmente forte tra i “sceriffi costituzionali,” un gruppo di estrema destra caratterizzato da teorie complottiste che sostiene che gli sceriffi abbiano autorità superiore rispetto ai funzionari statali e federali. Intanto, alcuni governatori repubblicani, come Ron DeSantis della Florida, manifestano un chiaro allineamento con Trump sulla questione immigrazione, spingendo affinché vengano approvate ulteriori misure a supporto delle politiche federali di immigrazione e sicurezza.

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