L’annuncio del presidente eletto Donald Trump riguardante un decreto presidenziale volto a prevenire il divieto federale sull’applicazione TikTok, ha suscitato immediatamente interrogativi sulla legalità di una simile proposta, che appare coinvolgere una nazionalizzazione parziale dell’app. Trump, attraverso un comunicato su Truth Social, ha rivelato l’intenzione di emettere un decreto per prolungare il periodo prima dell’applicazione delle proibizioni legali e facilitare un accordo a tutela della sicurezza nazionale degli Stati Uniti. L’idea iniziale prospettata è quella di una joint venture tra gli attuali proprietari di TikTok e/o nuovi acquirenti, in cui gli Stati Uniti potrebbero acquisire il 50% di partecipazione.
Tuttavia, la realizzazione di una joint venture di tale portata potrebbe richiedere l’approvazione del governo cinese. A riguardo, il futuro consigliere per la sicurezza nazionale di Trump, Mike Waltz, ha sottolineato come la decisione finale spetterebbe probabilmente al presidente cinese Xi Jinping, visti i legami centralizzati e autoritari del sistema politico cinese.
Contestualmente, alcuni imprenditori miliardari, tra cui Frank McCourt e Kevin O’Leary, già in passato hanno manifestato interesse per l’acquisto di TikTok, presentando offerte a ByteDance, la compagnia madre con sede a Pechino. O’Leary, nel tentativo di guadagnare il supporto di Trump, si è incontrato con lui a Mar-a-Lago.
Nel frattempo, la pressione di Trump non si è limitata solamente a TikTok, estendendosi a tutto l’ecosistema tecnologico statunitense che supporta l’app. Questo include operatori degli app store e fornitori di infrastrutture come Oracle. Recentemente, Apple e Google hanno rimosso TikTok dai loro store online, facendo sì che l’accesso all’app fosse interrotto per gli utenti. Trump, in risposta, ha chiesto alle aziende di mantenere attiva TikTok fino all’emissione del decreto.
Sul piano legale, sostanziose sono le incertezze riguardanti la possibilità per Trump di concedere proroghe una volta che il divieto è già stato introdotto. Per modificare la tempistica, richiederebbe certificare al Congresso i progressi verso una dismissione e la presenza di accordi legali rilevanti, condizioni attualmente non soddisfatte da ByteDance. Alcuni esponenti del GOP hanno riconosciuto che in assenza di un accordo concreto, nessuna proroga legale può essere attivata.
L’amministrazione Trump ha quindi esplorato un’area giuridicamente grigia. Tuttavia, anche prima dell’entrata in vigore del divieto, l’opzione di una proroga sembrava non percorribile per il presidente, come sottolineato dai funzionari della Casa Bianca.
Parallelamente, il dibattito ha coinvolto anche il ruolo delle aziende tecnologiche americane. Queste, nelle more delle decisioni legislative, rischiano di affrontare pesanti multe nel caso in cui continuino a supportare TikTok. I colossi tecnologici, tra cui Apple e Google, hanno scelto la prudenza, ritirando l’applicazione dai loro store mondiali in adesione alle normative statunitensi, nonostante la Casa Bianca di Biden avesse indicato che non sarebbero state punite per questo.
Il contesto di queste decisioni è ulteriormente complicato dall’attesa conferma della nuova procuratrice generale scelta da Trump, Pam Bondi. La sua iniziale riluttanza a far rispettare il divieto ha suscitato critiche all’interno del Senato, mostrando differenze di vedute anche tra i membri del partito repubblicano.
Mentre l’intero scenario continua a svilupparsi, il destino di TikTok negli Stati Uniti rimane incerto, influenzato da una confluenza di interessi politici, legali ed economici che richiedono una delicata gestione tra le parti coinvolte.