Vladimir Putin e l’élite russa hanno accolto con soddisfazione la rielezione di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti, ma non per le ragioni che comunemente si immaginano. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, Trump non è considerato un alleato della Russia né un interlocutore semplice per negoziare questioni come la pace in Ucraina. In realtà, l’entusiasmo del Cremlino nasce da una visione storica e geopolitica più ampia, che vede la presidenza Trump come un catalizzatore del declino dell’impero americano.

Una teoria di lungo periodo

In Russia, da tempo circola l’idea che gli Stati Uniti siano entrati in una fase di declino irreversibile. Questa convinzione, inizialmente marginale, è stata progressivamente adottata anche da figure di spicco del Cremlino, come Nikolai Patrushev, ex capo dei servizi di sicurezza e attuale consigliere di Putin. Patrushev sostiene che gli Stati Uniti si stiano avviando verso una disgregazione interna simile a quella che portò alla fine dell’Unione Sovietica. La sua analisi prevede scenari di frammentazione territoriale, con stati come il Texas e la Florida che potrebbero separarsi, e con il Sud che potrebbe riallacciare legami storici con il Messico.

Questa visione apocalittica è rafforzata da una lettura della società americana come profondamente divisa sul piano etnico, politico e culturale. Secondo il Cremlino, la polarizzazione crescente negli Stati Uniti è il preludio di una possibile crisi esistenziale che minaccia l’unità del paese.

Hollywood e la narrativa del declino

Curiosamente, l’élite russa trae ispirazione anche dalla cultura popolare americana per rafforzare la propria visione. Un esempio emblematico è il film Civil War, distribuito in Russia con il titolo La Caduta dell’Impero. Sebbene il film descriva uno scenario immaginario di guerra civile negli Stati Uniti, esso è stato interpretato da politici e analisti russi come una rappresentazione simbolica del futuro americano. Dmitri Medvedev, ex presidente russo, ha persino dichiarato che Hollywood non produce film di questo tipo “per caso”, suggerendo che vi sia una base reale dietro la finzione cinematografica.

Maria Zakharova, portavoce del Ministero degli Esteri russo, ha sottolineato come le tensioni interne tra governo federale e stati ribelli sembrino sempre più plausibili. Per l’élite russa, il film rappresenta non solo un’ipotesi futuristica, ma una previsione di ciò che potrebbe accadere negli Stati Uniti nei prossimi decenni.

La guerra culturale come fattore di crisi

Un altro elemento centrale nell’analisi russa è la cosiddetta “guerra culturale” in corso negli Stati Uniti. Nikolai Patrushev ha attribuito un ruolo destabilizzante a movimenti come Black Lives Matter e alla promozione di ideologie progressiste legate all’identità di genere. Secondo questa visione, tali fenomeni starebbero minando l’unità nazionale e creando un clima di sfiducia verso le istituzioni governative.

Per il Cremlino, la combinazione di polarizzazione culturale, apatia politica e declino spirituale porterà inevitabilmente al crollo dello stato americano. Putin stesso ha paragonato gli Stati Uniti all’ex Unione Sovietica, affermando che gli imperi spesso sottovalutano i piccoli errori che, accumulandosi nel tempo, diventano ingovernabili.

Un’America meno fragile di quanto si creda

Nonostante queste previsioni catastrofiche, la realtà sembra raccontare una storia diversa. Le elezioni presidenziali non hanno portato violenze su larga scala, e i risultati hanno mostrato una società meno polarizzata di quanto si temesse. Trump, ad esempio, ha ottenuto consensi significativi anche in stati tradizionalmente democratici come la California e New York, dimostrando che le divisioni politiche non sono così insormontabili.

Inoltre, i segnali di un declino della cultura “woke” e una maggiore attenzione a temi pragmatici suggeriscono che le guerre culturali potrebbero perdere il loro potenziale destabilizzante. Infine, sul piano economico, gli Stati Uniti rimangono una delle potenze globali più resilienti, con un’influenza che continua a sfidare i pronostici di chi ne prevede la caduta.

Conclusione

La visione russa del declino americano riflette più i desideri geopolitici del Cremlino che una reale analisi delle dinamiche interne degli Stati Uniti. Sebbene sia innegabile che gli Stati Uniti affrontino sfide significative, parlare di una loro imminente disintegrazione appare prematuro. Piuttosto che una realtà imminente, il “declino americano” potrebbe essere una narrazione utile a Mosca per rafforzare la propria posizione sullo scacchiere internazionale e giustificare politiche sempre più aggressive.

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