L’amministrazione Trump ha recentemente deciso di riportare l’Arabia Saudita al centro delle discussioni internazionali per risolvere le crisi in Ucraina e nella Striscia di Gaza. La scelta di Riad come sede delle trattative con la Russia e per il futuro di Gaza si basa sulla particolare posizione del Regno come crocevia per la soluzione di questi conflitti, ripristinando una relazione speciale avviata durante il primo mandato di Trump nel 2017, quando la sua prima visita ufficiale estera si tenne proprio in Arabia Saudita.

Il ruolo del principe ereditario Mohammed bin Salman (MbS) nelle discussioni sull’Ucraina è di importanza cruciale, non solo per il supporto logistico-diplomatico come ospite del summit tra le superpotenze. L’Arabia Saudita mantiene relazioni strette con la Russia, consolidate attraverso l’Opec+, l’organizzazione dei Paesi produttori di petrolio. La non adesione di MbS alle sanzioni contro Putin conferisce a Riad una posizione di primo piano nel Grande Sud globale, un insieme di nazioni che si sono mantenute neutrali nel conflitto ucraino.

Il vertice di Riad si inserisce anche in un contesto tipicamente trumpiano, formando una sorta di triangolo delle superpotenze energetiche, tra America, Russia e Arabia Saudita, paesi che insieme controllano una quota significativa della produzione mondiale di petrolio e gas. In un mondo che sta superando l’era del Green New Deal, visto da Trump come un errore che avrebbe avvantaggiato la Cina nel dominio delle energie rinnovabili, l’energia fossile riprende centralità.

Per quanto riguarda la questione palestinese, il coinvolgimento dell’Arabia Saudita si presenta ancora più complesso. Nel 2017, quando Trump partecipò alla “danza delle spade” con la monarchia saudita, gettò le basi per gli Accordi di Abramo, che hanno portato diversi paesi islamici a riconoscere lo Stato di Israele. L’Arabia Saudita ha svolto un ruolo chiave dietro le quinte, iniziando a rafforzare i legami economici, finanziari e turistici con Israele, puntando alla normalizzazione diplomatica.

Nonostante l’assassinio del giornalista saudita Jamal Khashoggi abbia compromesso temporaneamente la reputazione internazionale di MbS, le tensioni si sono allentate grazie all’amministrazione Biden, desiderosa di mantenere solide relazioni per il controllo del mercato energetico. Ora, Trump e MbS mirano a riprendere il cammino avviato con gli accordi di Abramo.

La trasformazione dell’Arabia Saudita sotto MbS ha incluso progressi nei diritti delle donne e una riduzione del potere del clero, nonché un cambiamento nell’atteggiamento verso Israele. Riad ha smesso di finanziare la predicazione jihadista e ha abbandonato la retorica che incolpa i successi israeliani per i problemi palestinesi. Infatti, per MbS, Israele rappresenta un esempio di innovazione tecnologica ed economica da emulare.

Tuttavia, la questione palestinese resta un ostacolo alla distensione con Israele. Le dichiarazioni di Trump non facilitano il compito, poiché la leadership saudita non può permettersi di apparire come traditrice nei confronti dei palestinesi. Nonostante l’Arabia non simpatizzi con loro, riconoscendo errori passati come le alleanze con Iran, Hamas e Hezbollah, rimane il fatto che l’opinione pubblica araba esige una soluzione equa per lo Stato palestinese. I capitali sauditi saranno cruciali per la ricostruzione di Gaza, ma la soluzione non si presta a facili semplificazioni. Trump dovrà considerare seriamente le posizioni di Riad per procedere ulteriormente.

4 pensiero su “Trump e l’Arabia Saudita: un nuovo crocevia per la pace in Ucraina e Gaza”
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