L’incontro telefonico tra Donald Trump e Vladimir Putin ha segnato un passo avanti significativo nei tentativi di porre fine al conflitto in Ucraina. Una giornata cruciale, scandita dalla liberazione di Marc Fogel, insegnante americano detenuto in Russia, ha posto le basi per un dialogo distensivo tra i due leader. È stato Steve Witkoff, amico personale di Trump, a facilitare questa liberazione, volando direttamente a Mosca su un jet privato.

In seguito, l’ex presidente statunitense ha rivelato sul suo social Truth i principali temi della conversazione telefonica, sottolineando l’importanza di una collaborazione tra Stati Uniti e Russia per mettere fine al conflitto. Ha dichiarato di aver discusso con Putin sulla necessità di fermare la guerra tra Russia e Ucraina, menzionando il desiderio di entrambi di lavorare insieme in nome del senso comune, slogan caro alla campagna elettorale di Trump. I due leader hanno inoltre concordato sull’avvio immediato di negoziati, fase preliminare che potrebbe culminare in un incontro in Arabia Saudita.

A livello internazionale, l’intervento di Mohammed bin Salman e Kirill Dmitriev è stato cruciale. Entrambi hanno svolto un ruolo di mediazione fondamentale per rendere possibile il dialogo, offrendo il loro supporto per agevolare il contatto tra le due nazioni. Tensioni e necessità di cooperazione sono emerse anche dai commenti del portavoce russo Peskov, il quale ha riaffermato la possibilità di raggiungere un accordo duraturo attraverso mezzi pacifici, evidenziando la necessità di affrontare le cause profonde del conflitto.

Il rilascio di Fogel è stato uno scambio strategico, ottenuto con la cessione del russo Alexander Vinnik, sospettato di frode con criptovalute. Roger Carstens, l’inviato speciale per gli ostaggi dell’amministrazione Biden, ha commentato l’evento, sottolineando come tali negoziati abbiano da sempre aperto la strada a discussioni politiche di più ampio respiro.

Il ruolo degli Stati Uniti in questo contesto risulta ancora più complesso alla luce delle recenti affermazioni del nuovo capo del Pentagono, Pete Hegseth, il quale ha espresso reticenze nei confronti dell’entrata dell’Ucraina nella NATO, riflettendo una posizione che potrebbe favorire le linee russe. Contestualmente, il presidente ucraino Zelensky si è detto preoccupato del mancato coinvolgimento nelle decisioni strategiche annunciate da Trump, pur riconoscendo l’importanza del supporto economico e delle risorse minerarie ucraine per attrarre l’interesse americano.

Nel frattempo, gli occhi sono puntati sugli incontri diplomatici a Monaco, dove delegati americani e ucraini cercheranno di allineare tattiche e strategie. Tuttavia, le implicazioni di queste mosse unilaterali sottolineano una realtà politica in cui Trump opera in completa autonomia, lasciando gli europei in sospeso e aumentando l’incertezza sulla direzione futura delle relazioni USA-Ucraina-Russia.

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