Il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca, avvenuto lunedì, e le sue minacce di rinnovate guerre commerciali rappresentano una significativa fonte di preoccupazione per i produttori automobilistici europei. Le intenzioni dell’ex presidente di imporre un dazio del 25% su tutte le importazioni provenienti da Messico e Canada mirano a costringere questi paesi a collaborare più attivamente sul fronte dell’immigrazione illegale e a fermare il traffico di fentanyl. Una simile mossa porterebbe a notevoli sfide per le case automobilistiche europee, che potrebbero dover trasferire le loro linee di produzione negli Stati Uniti, già alle prese con difficoltà legate a vendite in declino in Cina e a nuove normative sulle emissioni in Europa.
Il sistema produttivo automobilistico nordamericano è stato a lungo facilitato da un accordo commerciale tra Stati Uniti, Messico e Canada che ha garantito flussi transfrontalieri senza intoppi. Ciò ha portato molti produttori a scegliere il Messico come sede di produzione, data la convenienza economica e la vicinanza all’importante mercato statunitense. Secondo il Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti, un’alta percentuale di veicoli fabbricati in Messico viene esportata verso gli USA, un elemento cruciale per l’industria automobilistica.
Durante il suo precedente mandato presidenziale, Trump ha mostrato un particolare interesse nel regolamentare le importazioni automobilistiche messicane, preoccupato dalla possibilità di un’infiltrazione dei costruttori cinesi. Il trattato USMCA, realizzato a sostituzione del NAFTA e operativo dal luglio 2020, ha aggiornato le regole sull’origine dei veicoli, fissando nuovi standard di produzione regionale. Anche se l’accordo prevede una revisione per il 2026, Trump ha lasciato intendere che potrebbe avviare modifiche prima di tale scadenza.
I costruttori automobilistici europei con operazioni significative in Messico, come Audi, BMW, Mercedes-Benz, Stellantis e Volkswagen, si trovano ora a fronteggiare rischi commerciali elevati. Audi, ad esempio, si affida alla produzione messicana per il suo modello Q5, ampiamente venduto negli Stati Uniti. Anche se BMW e Mercedes dispongono di impianti negli Stati Uniti, restano vulnerabili alle politiche americane.
Stellantis, notoriamente esposto nel contesto statunitense, produce numerosi veicoli di marca Jeep e RAM in Messico. Secondo le stime di S&P Global Ratings, l’impatto di una tariffa del 25% sulle esportazioni messicane di veicoli avrebbe potenziali conseguenze significative sui profitti operativi, accentuate dalla già complessa situazione del mercato statunitense.
La delocalizzazione della produzione negli USA appare, sulla carta, una possibile risposta alle minacce tariffarie. Tuttavia, gli esperti sottolineano che questo processo richiederebbe tempo e comporterebbe inevitabili difficoltà con una catena di approvvigionamento ampiamente basata sul Messico. In questo contesto sfidante, i recenti aggiornamenti commerciali tra l’UE e il Messico potrebbero offrire un certo sollievo ai produttori europei, mantenendo le esportazioni e i costi di produzione relativamente stabili.
Volkswagen, ad esempio, ha pianificato il trasferimento della produzione del Golf in Messico dal 2027, una mossa che potrebbe mitigarne i costi e migliorare la competitività. Tuttavia, l’industria automobilistica europea deve essere pronta ad affrontare le sfide di un potenziale conflitto commerciale tra Nord America e Messico, navigando tra un mercato volatile e normative in divenire.