La direzione economica che l’Unione Europea intende intraprendere nei prossimi cinque anni sembra orientarsi verso una significativa semplificazione normativa, con una particolare attenzione rivolta al Green Deal europeo. Tale orientamento è chiaramente delineato in una bozza divulgata della “bussola della competitività” elaborata dalla Commissione Europea. Questo documento intende fornire le linee guida per le azioni esecutive dell’UE e suggerisce una serie di deregolamentazioni, focalizzandosi soprattutto su norme finanziarie e di sostenibilità aziendale.
È previsto che a febbraio venga presentata una legge mirata a semplificare l’apparato normativo esistente, ma il documento prefigura ulteriori iniziative in tal senso, descrivendo la proposta imminente come solo un “primo” passo verso la riduzione della complessità normativa. La necessità di rinegoziare determinate politiche è evidente, poiché alcune necessitano di un’accelerazione e potenziamento, mentre altre richiedono un adattamento alle nuove circostanze. Tuttavia, la bozza assicura che l’Unione manterrà saldi gli obiettivi climatici prefissati.
Quest’approccio di semplificazione normativa si allinea alle pressioni crescenti per riesaminare o eliminare parti consistenti del Green Deal, l’insieme di norme che mira a portare l’UE a emissioni nette zero entro il 2050. Le voci più critiche giungono dal Partito Popolare Europeo (PPE), che fa capo alla Presidente della Commissione Ursula von der Leyen, e che questa settimana ha intensificato le critiche all’accordo verde.
Durante un recente incontro dei leader del PPE, è emersa la richiesta di un rinvio delle norme finanziarie e di sostenibilità, nonché delle nuove misure sui dazi per le emissioni di carbonio, per almeno due anni. Nonostante l’ampio consenso precedente, i leader sembrano opporsi anche agli obiettivi di energia rinnovabile, sostenendo che la politica climatica dell’UE debba essere “tecnologicamente neutrale” e non dare priorità ad alcune tecnologie rispetto ad altre.
La questione ha risuonanza anche oltre i confini del PPE. Donald Tusk, Primo Ministro polacco, ha sollevato preoccupazioni riguardo all’impatto delle nuove normative climatiche sui prezzi energetici nell’Unione, richiedendo una revisione completa dei regolamenti inclusi nel Green Deal. Anche il Primo Ministro della Repubblica Ceca, Petr Fiala, condivide tali preoccupazioni, mentre il Ministro dell’Energia rumeno, Sebastian Burduja, sta preparando un report sugli effetti negativi del Green Deal per il suo paese, sottolineando l’importanza delle risorse nazionali di gas naturale e delle centrali a carbone.
Il documento di bozza afferma la necessità di una revisione delle politiche per garantirne una compatibilità con la competitività economica, mantenendo un approccio neutrale dal punto di vista tecnologico. Tuttavia, non sono solo i partiti di centro-destra a criticare l’attuale approccio dell’UE: anche la Francia, ora con un governo di centrosinistra, ha chiesto una sospensione indefinita della normativa legata alla sostenibilità aziendale.
Durante il World Economic Forum di Davos, Ursula von der Leyen ha messo in risalto l’importanza di una semplificazione normativa di vasta portata, mentre Stefan De Keersmaecker, portavoce della Commissione, ha sottolineato il mantenimento degli obiettivi del Green Deal nonostante gli sforzi per ridurre la burocrazia.
Sembra quindi che la dottrina economica emergente dell’Unione priorizzi la competitività rispetto alla decarbonizzazione, posizionando gli sforzi climatici in una posizione meno centrale nel nuovo indirizzo economico europeo. La bozza evidenzia l’aspirazione ad un’Europa che possa innovare e commercializzare tecnologie pulite mantenendo l’obiettivo della neutralità carbonica ben saldo.