A breve distanza dall’inizio del suo secondo mandato, Ursula von der Leyen, Presidente della Commissione Europea, si sta preparando a riformare profondamente la burocrazia ambientale da lei stessa in parte creata. Il nuovo indirizzo della Commissione si concentra principalmente sulla riduzione del carico normativo, rispondendo alle richieste delle industrie europee che, in affanno rispetto ai concorrenti di Stati Uniti e Cina, sollecitano un alleggerimento delle rigide regole UE. Un elemento cardine sarà la cosiddetta “bussola della competitività”, attesa per mercoledì, che mira a trasformare sensibilmente il contesto imprenditoriale. Il passo immediato previsto sarà un’iniziativa di “semplificazione senza precedenti”, con dettagli in arrivo il mese prossimo. Questa semplificazione prevede, infatti, la rimozione di regolamenti appena introdotti durante la prima presidenza von der Leyen. Tuttavia, la leader europea ha chiarito che gli obiettivi verdi non verranno modificati, piuttosto sarà migliorata l’efficienza delle norme. I critici, tuttavia, esprimono preoccupazioni su un possibile allontanamento dai propositi ambientali dell’UE, vedendo in questo un favoreggiamento delle posizioni conservatrici, compreso il partito politico Popolare Europeo di von der Leyen stessa.

Annunciato per la prima volta a novembre dello scorso anno, il progetto di legge omnibus prevede una revisione simultanea di più normative esistenti. Nella proposta attesa per il 26 febbraio, von der Leyen aveva promesso di ridurre di almeno il 25% gli obblighi di rendicontazione entro la metà del 2025. Due normative chiave sotto esame sono la Direttiva sulla Rendicontazione della Sostenibilità Aziendale (CSRD) e la Direttiva sulla Diligenza Aziendale per la Sostenibilità (CSDDD), che obbligano le imprese a dichiarare gli impatti ambientali e i rischi climatici legati alle loro attività e alle catene di fornitura. Le norme, una volta pienamente in vigore, richiederanno la raccolta e pubblicazione dei dati sulle emissioni di gas serra, sull’uso dell’acqua, sulle ripercussioni delle variazioni di temperatura e altro ancora. Anche la tassonomia dell’UE, che definisce quali attività economiche sono giudicate ecologiche, sarà riesaminata.

Critiche si levano dai settori economici, come testimonia Florence Naillat di METI, secondo cui i costi di conformità per le medie imprese potrebbero raggiungere i 800.000 euro nei primi anni di implementazione. La necessità di semplificare nasce proprio dall’esigenza di correggere tali squilibri economici e normativi.

Ciononostante, diversi influenti attori chiedono che la Commissione si spinga oltre. BusinessEurope, il maggiore gruppo di pressione delle aziende europee, ha richiesto la revisione di molte leggi ambientali, riflettendo le richieste di alcuni leader dei governi membri per ridurre in modo significativo la regolamentazione dell’UE. Anche Capi di Stato e governi hanno espresso preoccupazioni sulla capacità normativa dell’UE di soffocare l’economia, spingendo per ulteriori ritardi nell’attuazione delle normative.

Timori di una deregolamentazione eccessiva sono emersi, dato che il Partito Popolare Europeo e altri suggeriscono di applicare le leggi solo alle grandi aziende e di posticipare le tasse sui beni importati. Inoltre, la revisione di norme non ancora pienamente attuate, come la CSRD, aggrava i sospetti di instabilità legale.

Infine, mentre alcuni brand globali esprimono il loro disappunto per potenziali ripercussioni negative sugli investimenti e la prevedibilità normativa, le ONG avvertono che il dialogo con i vari stakeholder sulla nuova legislazione rimane insufficiente.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *