Intervistato sul Corriere Armani, un uomo di indiscutibile fascino, viene descritto con occhi chiari e una gentilezza innata. Il suo primo ricordo significativo lo riporta all’infanzia, quando il padre, impiegato amministrativo a Piacenza durante il regno fascista, lo portò dal federale. Questo episodio gli fece comprendere cosa significava appartenere a un determinato mondo e l’importanza di indossare una divisa per garantire il sostentamento.

L’adolescenza sotto il fascismo, secondo Armani, era caratterizzata dall’impossibilità di sottrarsi al sistema. Nonostante questo, il periodo riservava anche momenti piacevoli, come le gite in campagna e le colonie estive. La madre di Giorgio era direttrice di una colonia, e trattava tutti i bambini con equità, compreso il figlio e il fratello Sergio.

La vita familiare di Giorgio fu influenzata anche dalla presenza di un fratello tanto ammirato quanto invidiato. Sergio, biondo e di bell’aspetto, era un punto di riferimento. Giorgio, invece, si considerava piuttosto insignificante nella propria giovinezza. Quel mondo dell’infanzia si intrecciò con le esperienze drammatiche della guerra, dove il rifugio era una cantina e i passatempi si trasformavano in giochi di segreti.

Un evento tragico colpì profondamente Armani: la morte di una sua amica d’infanzia, Wanda, schiacciata da un camion. Anche lui visse un incidente, rischiando di perdere la vista durante un gioco pericoloso con la polvere da sparo. L’intervista prosegue con i ricordi del trasferimento a Milano nel 1947, un passaggio segnato da timori per il futuro e la difficoltà di adattarsi a un nuovo ambiente urbano.

A Milano, Giorgio lega la sua vita a personaggi come Enzo Jannacci e inizia a tessere la sua storia personale e professionale. L’incontro con Sergio Galeotti, avvenuto in Versilia, segna una svolta importante. Galeotti, con il suo sorriso toscano, diventa immediatamente un caro amico e socio. La loro collaborazione, che sfocia anche in una profonda relazione personale, è fondamentale per la nascita dell’azienda Armani.

Nonostante il dolore per la perdita di Galeotti a soli 40 anni, nel 1985, Armani ha sempre rifiutato di vendere la sua azienda. La decisione è motivata da un orgoglio personale, che testimonia la dedizione e l’amore per il proprio lavoro. Inoltre, un recente episodio dimostra quanto siano radicati i legami affettivi per lui: durante l’incendio di Pantelleria, Giorgio riesce a salvare un anello appartenente al suo amato Leone, evidenziando ancora una volta la profondità delle sue relazioni.

L’intervista evidenzia quindi non solo la carriera straordinaria di Armani, ma anche le esperienze che l’hanno plasmato come uomo, rivelando un intricato intreccio di sentimenti, sfide e successi che hanno caratterizzato il suo cammino.

2 pensiero su “Giorgio Armani: Con Sergio Galeotti morì una parte di me”
  1. Mamma mia, che vita incredibile ha avuto Armani! È straordinario pensare come il suo passato abbia influenzato la sua visione del mondo e della moda. Un vero genio!

    1. Sì, è davvero affascinante! La capacità di Armani di attingere alle sue esperienze personali e trasformarle in una visione rivoluzionaria per la moda è ciò che lo distingue. Il suo percorso è un esempio di come talento, determinazione e visione possano creare un impatto duraturo nel mondo.

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