Il contributo della Romania alle grandi correnti del pensiero del Novecento è straordinario, sebbene spesso ignorato dal pubblico non specialista. L’influenza di pensatori rumeni ha infatti arricchito il teatro, la mitologia, la storia delle religioni e la filosofia. Tra le personalità di spicco emergono Eugène Ionesco, Emil Cioran, Mircea Eliade e Ioan P. Culianu. Questi autori, oltre a condividere la nazionalità rumena, sono accomunati dall’esperienza dell’esilio, vissuta in epoche e contesti diversi lungo tutto il corso del XX secolo.
Eugène Ionesco si trasferisce in Francia durante la Prima guerra mondiale, seguito da Emil Cioran negli anni Trenta. Mircea Eliade lascia la Romania nel 1945, mentre Ioan P. Culianu emigra nel 1972, spostandosi in Italia e poi in Olanda, fino a stabilirsi a Chicago, dove più tardi perderà tragicamente la vita. Lasciare il proprio Paese non significa solo abbandonare famiglia e terra, ma anche rinunciare alla propria lingua madre, che sarà sostituita dal francese o dall’inglese nelle loro opere, con rare eccezioni.
L’opera “Il grande esilio”, edita da Jaca Book nel 2024, esplora profondamente la condizione dell’esule, mettendo in risalto il dolore derivante non solo dalla separazione geografica, ma soprattutto dalla perdita della propria lingua d’origine. La lingua infatti è una dimensione abituale e intima dell’esistenza, e la sua mancanza implica un dolore profondo e personale.
Nel panorama parigino successivo al 1945, Mircea Eliade pubblica le sue opere più importanti, che spaziano dallo yoga all’alchimia e allo sciamanesimo. Egli adotta la metafora dell’esule, paragonandosi all’eroe mitologico Ulisse, costantemente lontano da casa e messo alla prova da pericoli e sfide. Eliade sperimenta il genere diaristico, spesso poco apprezzato perché frammentato, ma riesce a renderlo coinvolgente attraverso la tematica dell’esilio, tanto cara anche al pubblico italiano grazie a Dante. Attraverso la sua rete di contatti, tra cui spicca l’amicizia con Cioran, Eliade arricchisce ulteriormente il valore di queste pagine.
Le difficoltà di esprimersi in una lingua diversa dall’originale, specialmente nell’ambito creativo e narrativo, sono una costante del suo lavoro. Mentre la scrittura scientifica e accademica si presta meglio all’uso di lingue straniere, grazie a una certa neutralità stilistica, per Eliade scrivere prosa originale in una lingua che non è la sua rappresenta un arduo ostacolo.
La lezione principale che si coglie dalle riflessioni di Eliade è la capacità di interpretare gli eventi personali attraverso una lente mitica. Egli percepisce le sue difficoltà e pene come parte di un percorso di iniziazione, un approccio che trasmetterà anche al suo allievo Ioan P. Culianu. Un lascito prezioso che continua a influenzare studi e ricerche in ogni angolo del mondo, a dimostrazione della rilevanza globale del pensiero rumeno nel Novecento.