Prosegue il dibattito attorno all’emendamento alla Legge di Bilancio che prevede l’adeguamento del trattamento economico per ministri e sottosegretari non eletti, portandoli allo stesso livello dei colleghi parlamentari. Questa proposta ha scatenato una forte reazione da parte dell’opposizione politica. Il Partito Democratico ha criticato duramente l’iniziativa, sottolineando come il governo stia destinando fondi pubblici per aumentare le retribuzioni dei ministri in un momento in cui il Paese è alle prese con difficoltà economiche. Anche il Movimento 5 Stelle, attraverso le parole del proprio leader Giuseppe Conte, ha espresso sdegno. Conte ha evidenziato il contrasto con il trattamento riservato ad altri emendamenti che proponevano aumenti per le pensioni minime o il salario minimo legale, ritenendo inaccettabile il respingimento di misure a favore dei cittadini e l’approvazione di quelle per l’aumento degli stipendi ministeriali.

Secondo un’analisi del Sole 24 Ore, l’incremento per i ministri non eletti si tradurrebbe in una somma complessiva di indennità mensile pari a 10.435 euro lordi, a cui si aggiungono 3.503,11 euro di diaria e 3.690 euro di rimborsi per l’esercizio del mandato. Inoltre, verrebbero concessi ulteriori 1.200 euro all’anno per coprire le spese telefoniche e di viaggio, pari a circa 100 euro mensili.

Gli otto ministri interessati da questa modifica includono Matteo Piantedosi agli Interni, Andrea Abodi allo Sport, Guido Crosetto alla Difesa, Marina Calderone al Lavoro, Alessandro Giuli alla Cultura, Giuseppe Valditara all’Istruzione, Orazio Schillaci alla Salute e Alessandra Locatelli alla Disabilità. Oltre a loro, anche alcuni viceministri e sottosegretari beneficeranno di questo allineamento retributivo.

Questo tema suscita un intenso dibattito politico, con richieste di giustificazione sulle priorità di spesa pubblica, in un periodo in cui le difficoltà economiche sono sempre più pressanti per una larga parte della popolazione. La decisione è vista da molti come un segnale negativo, in netto contrasto con le esigenze dei cittadini comuni.

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