La Corte di Cassazione ha concesso il via libera al quesito referendario riguardante l’abolizione totale della legge sull’autonomia differenziata, riportando la questione alla Corte Costituzionale. Quest’ultima è attesa riunirsi a gennaio, dopo aver già parzialmente annullato la legge Calderoli lo scorso novembre. La Cassazione doveva esprimersi su due richieste: una volta all’abolizione totale e l’altra per una parziale. Quest’ultima è stata considerata superata a seguito delle osservazioni precedenti della Corte.
Il focus del nuovo giudizio sarà il presunto legame tra l’autonomia e la legge di bilancio, che i sostenitori del referendum considerano strumentale. Infatti, attraverso la sentenza del 14 novembre, la Corte Costituzionale ha definito non fondata la questione di costituzionalità dell’intera legge sull’autonomia ma ha individuato l’illegittimità di determinate disposizioni. Specifici punti, come gli indicatori di prestazione (Lep) e le aliquote fiscali, sono stati ritenuti critici e sono state salvate alcune norme a condizione di seguirne una interpretazione conforme alla Costituzione.
La corte aveva sostenuto i ricorsi avanzati da quattro regioni amministrate dal centrosinistra (Campania, Puglia, Sardegna e Toscana), invitando il Parlamento a risolvere le lacune legislative rivelate nel testo. Sebbene la legge sull’autonomia differenziata non violi principi fondamentali quali l’unità nazionale, richiede aggiustamenti nei suoi meccanismi. La principale questione di incostituzionalità riguarda la determinazione di quali funzioni possano essere trasferite alle regioni. Non si tratta di interi ambiti o materie, ma di specifici settori di attività che devono essere trasferiti secondo il principio di sussidiarietà, valutati per singola regione.
La sentenza della Corte Costituzionale menziona alcuni ambiti in cui prevalgono regolamentazioni dell’Unione Europea, rendendo difficilmente giustificabile il trasferimento alle regioni. Tra questi, la politica commerciale comune, la protezione ambientale, l’energia, le reti di trasporto, le norme educative generali, le professioni e i sistemi di comunicazione. In tali settori, le considerazioni di natura giuridica, tecnica ed economica impediscono il trasferimento delle relative funzioni alle autonomie regionali, sottolineando la necessità di un approccio nazionale uniforme e unitario.