Recentemente la Corte di Cassazione ha affrontato una questione complessa relativa ai rimpatri rapidi dei migranti irregolari verso i Paesi di origine considerati sicuri. Tale argomento ha suscitato un vivace confronto politico tra Fratelli d’Italia (FdI) e Partito Democratico (Pd), evidenziando divergenze interpretative riguardo alla sicurezza dei Paesi.
La Corte di giustizia dell’Unione Europea aveva stabilito il 4 ottobre scorso che un Paese non può essere etichettato come sicuro se una parte del suo territorio risulta insicura, come accade ad esempio in Moldavia con la regione della Transnistria. A tale posizione si erano allineati finora il Tribunale di Roma e altre sezioni specializzate, ritenendo che il principio valesse anche per categorie specifiche di persone non protette da quel Paese.
Tuttavia, la Cassazione ha adottato un diverso approccio, sostenendo che il giudice non può applicare automaticamente la decisione della Corte Ue ai Paesi considerati sicuri, neppure in presenza di categorie specifiche di persone a rischio. Un Paese terzo può dunque essere catalogato come sicuro, sebbene con eccezioni soggettive che non competono al magistrato, ma al Ministro degli affari esteri e agli altri ministri competenti.
È stata inoltre suggerita un'”ipotesi di lavoro” diversa da quella adottata dal Tribunale di Roma, criticando la decisione di considerare insicuri Paesi come Tunisia ed Egitto per singole categorie di persone quali omosessuali e dissidenti politici. La proposta dell’organo giudicante mira a risolvere il nodo giuridico e ridurre le tensioni politiche.
L’approccio della Cassazione è stato accolto con favore da FdI, che ha interpretato la posizione come un riconoscimento alla linea governativa. Esponenti del partito, come il sottosegretario Andrea Delmastro e Lucio Malan, hanno sottolineato che le valutazioni sui Paesi sicuri spettano unicamente al governo.
Di diversa opinione, invece, il Pd, che accusa la destra di distorcere i fatti, mentre Azione critica l’inutilità del decreto flussi. La Cassazione non ha inteso mettere in discussione la lista governativa dei Paesi sicuri, ma ha ribadito l’importanza di esaminare caso per caso, consentendo al giudice di sospendere la presunzione di sicurezza di un Paese se il richiedente presenta validi motivi.
Mario Savino, ordinario di Diritto amministrativo, spiega che la Cassazione chiarisce come la tutela dei richiedenti non richieda di contestare le valutazioni generali del governo, a meno che non vi sia evidente arbitrarietà. L’obiettivo è proteggere chi ha ragioni concrete per chiedere asilo, mentre per gli altri rimane la procedura rapida di frontiera per favorire il rimpatrio.