Le dimissioni di Ernesto Maria Ruffini dall’incarico di Direttore dell’Agenzia delle Entrate sollevano un tema delicato rispetto alle tensioni tra istituzioni statali e politica. Ruffini, intervistato dal Corriere, ha chiarito di aver preso la decisione di lasciare il suo ruolo non per schierarsi politicamente, ma per restare fedele ai propri principi. Secondo Ruffini, il clima è mutato al punto da rendere necessaria la sua uscita di scena.

Il dirigente ha sottolineato come non intenda lanciarsi in politica, respingendo l’idea che il suo impegno verso il bene comune possa essere frainteso come una scelta di campo. Per lui, la politica non è un gioco di potere, ma un impegno per il bene collettivo, da cui deriva la responsabilità di servire le istituzioni sopra le parti. Tale visione appare in contrasto con l’attuale scenario, nel quale il ruolo dell’Agenzia viene messo in discussione e demonizzato.

In anni recenti, il modo in cui i pubblici funzionari sono stati presentati come presunti estorsori di un “pizzo di Stato” ha contribuito a creare un’immagine dell’Agenzia delle Entrate come oppressore. Questa narrazione, secondo Ruffini, mina il cuore dello Stato, poiché le decisioni fiscali spettano al legislatore, non all’ente da lui diretto. L’aggressività nei confronti del fisco rappresenta un attacco non solo alle istituzioni, ma anche ai cittadini onesti, danneggiati dall’evasione.

Ruffini si dice amareggiato dal clima di polarizzazione e dalle critiche ricevute per la sua partecipazione a discussioni sui valori comuni e sociali. L’educazione al bene comune, che per lui non dovrebbe avere colore politico, è vista come un nodo centrale per la formazione di cittadini responsabili. La sua esperienza lo conduce a diffidare di soluzioni affidate a singoli o presunti “salvatori”, preferendo la collaborazione di molteplici attori per realizzare un cambiamento condiviso.

Il suo abbandono dell’incarico, più che un ritiro, è un atto di coerenza personale. Lascia un ruolo che ha sempre considerato un impegno temporaneo, vissuto con dedizione e in totale indipendenza rispetto ai cambi di governo. Questo esempio di responsabilità civile, che passa attraverso un impegno quotidiano al di fuori delle logiche di poltrona, ribadisce che l’autentica partecipazione politica può e deve avvenire anche lontano dai riflettori della politica istituzionale.

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