Mario Draghi, ex presidente della Banca Centrale Europea, propone che i paesi dell’Unione Europea sfruttino appieno i sette anni di periodo di aggiustamento previsti dalle nuove regole del Patto di Stabilità. Questa manovra permetterebbe di allocare 700 miliardi di euro aggiuntivi per investimenti, una cifra pari a una parte significativa del fabbisogno di investimenti pubblici necessario a finanziare le riforme strutturali indispensabili per il continente, data l’assenza di un debito comune europeo.
Durante un intervento a Parigi, al Simposio annuale del Centre for Economic Policy Research, Draghi ha evidenziato l’urgenza di questa strategia per affrontare le sfide economiche mondiali, tra cui una Cina meno collaborativa nei confronti dei produttori europei e le tendenze protezionistiche della nuova amministrazione USA sotto Donald Trump. Draghi ha criticato il modello economico dell’Europa fondato principalmente sull’export e su una crescita salariale ridotta, una strategia che ha finito per indebolire la domanda interna. Questo approccio non è più sostenibile e richiede un cambiamento verso riforme strutturali combinate con politiche macroeconomiche adeguate per stimolare la crescita.
L’ex premier italiano insiste sul bisogno di aggiornare il significato di “riforma strutturale”. Se dieci anni fa si era concentrata sull’aumento della flessibilità del mercato del lavoro e sulla compressione salariale, oggi dovrebbe puntare sull’aumento della produttività senza provocare la dislocazione del lavoro, attraverso la riqualificazione professionale.
Nel suo discorso, Draghi ha sottolineato l’importanza del mercato unico europeo e del mercato dei capitali come fondamenta essenziali per incentivare la produttività. Tuttavia, consapevole del tempo necessario per vedere i benefici di queste riforme, ha esortato i governi a ottimizzare l’uso delle politiche macroeconomiche. Un’emissione di debito congiunto da parte dell’UE creerebbe un maggiore spazio fiscale per evitare periodi di bassa crescita.
In assenza di un debito comune europeo, Draghi suggerisce di migliorare la composizione della spesa fiscale, aumentando gli investimenti pubblici e potenziando la cooperazione tra gli Stati membri. Ha avvertito che l’Europa non può permettersi di rimanere inattiva. Un eventuale scenario di declino gestito, basato sulla crescita della produttività media dal 2015, vedrebbe l’economia europea stagnare per i prossimi 25 anni, mentre i costi per pensioni, energia, difesa e digitalizzazione continuano a salire.
Draghi ha anche presentato dati preoccupanti: le passività pensionistiche non finanziate nei paesi dell’UE variano tra il 150% e il 500% del PIL, e sono necessari dai 750 agli 800 miliardi all’anno per investimenti in energia, difesa, digitalizzazione e ricerca e sviluppo, senza contare su obiettivi cruciali come l’adattamento climatico e la protezione dell’ambiente. L’Europa deve agire con fermezza per non compromettere il suo futuro economico.