L’Unione Europea si trova a un punto di svolta cruciale. Le sfide globali si susseguono e si amplificano, richiedendo risposte ferme, coordinate e, soprattutto, un’unità reale e consapevole tra gli Stati membri e i cittadini che la compongono. Tuttavia, di fronte a questa necessità vitale, alcuni esponenti politici sembrano preferire un atteggiamento divisivo, arroccandosi su posizioni ideologiche che ignorano la realtà e rischiano di frammentare ulteriormente l’Unione.

La voce critica del leader socialista francese Rafael Glucksmann rappresenta un esempio evidente di questo fenomeno. Di fronte alla candidatura di Raffaele Fitto come vicepresidente esecutivo della Commissione europea, Glucksmann ha subito preso una posizione inflessibile, dichiarando che «non c’è spazio per una vicepresidenza alla destra radicale italiana». Parole forti, che risuonano più come un atto di esclusione che come un’analisi ponderata. Ma quale messaggio sta realmente lanciando Glucksmann e cosa rappresenta questa opposizione per il futuro dell’Europa?

La politica europea, per avere successo, deve essere una politica di ascolto e inclusione, specialmente verso le diverse sensibilità presenti tra i suoi cittadini. Glucksmann, tuttavia, sembra preferire un approccio che ignora quanto pensa una buona parte della popolazione europea, dimenticando che Fitto rappresenta, all’interno del panorama europeo, una posizione conservatrice moderata, espressione democratica e legittima di una parte significativa degli elettori. Considerarlo un ostacolo per il solo fatto di appartenere a un gruppo politico di destra conservatrice, senza valutare le sue proposte e competenze, significa non solo scartare una parte della popolazione, ma anche scivolare in una visione polarizzata e miope.

L’Europa, d’altro canto, sta affrontando sfide di portata storica: la pressione migratoria, il conflitto in Ucraina, e le conseguenze delle politiche economiche protezionistiche degli Stati Uniti. Di fronte a queste crisi, la divisione interna non può che indebolirci ulteriormente. Proprio ora, l’UE ha bisogno di costruire un fronte comune e di confrontarsi apertamente con tutte le idee presenti sul tavolo. Mettere da parte le voci più moderate della destra europea equivale a privarsi di una parte delle risorse intellettuali e politiche di cui abbiamo bisogno per costruire risposte coese e incisive.

Glucksmann sembra preferire una strategia dello “struzzo”, nascondendo la testa sotto la sabbia e ignorando le preoccupazioni di milioni di cittadini europei. Un approccio che non può che erodere la fiducia dell’elettorato e alimentare il risentimento verso le istituzioni europee, percepite come lontane e incapaci di rappresentare la pluralità dei loro stessi popoli. Non è un caso, infatti, che questa mancanza di rappresentanza venga spesso sfruttata dalle forze più estreme, che fanno leva su una retorica anti-europeista. In tal modo, l’atteggiamento di esclusione di Glucksmann potrebbe finire per favorire proprio quei movimenti politici che intende contrastare.

Se l’Europa vuole affrontare e superare le sfide che la attendono, deve avere il coraggio di ascoltare tutte le sue componenti, costruendo un percorso di dialogo e mediazione che includa anche le istanze conservatrici moderate. Altrimenti, ogni decisione presa nel nome di una presunta “unità pro-europea” si rivelerà vuota e priva di fondamento. Un’unità costruita escludendo una parte della popolazione, infatti, non è una vera unità, ma piuttosto un’illusione che si sfalda alla prima crisi.

La guerra in Ucraina, le politiche protezionistiche degli Stati Uniti e le crescenti tensioni migratorie richiedono una collaborazione seria e pragmatica tra tutte le parti coinvolte. Ignorare il ruolo delle componenti moderate e conservatrici, come quella rappresentata da Fitto, significa privarsi di soluzioni possibili e realistiche. Il percorso verso un’Europa più forte e resiliente non passa attraverso una polarizzazione ideologica, ma attraverso la capacità di conciliare posizioni differenti in nome del bene comune.

La domanda è dunque questa: come può l’Europa pretendere di affrontare queste sfide epocali se la sua politica interna è dominata da atteggiamenti divisivi e miopi? Glucksmann e coloro che condividono la sua visione di esclusione dovrebbero riflettere sulle conseguenze del loro approccio, che, anziché rafforzare l’Unione, rischia di indebolirla proprio in un momento in cui abbiamo più che mai bisogno di una vera unità.

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