La liberazione è la festa di tutti, ma proprio di tutti. E tutti ne danno la loro interpretazione. C’è chi la usa, in modo meschino, per attaccare l’opposizione italiana di Fratelli d’Italia. C’è chi la usa in chiave filo-atlantica, chi invece contro la NATO e gli USA. C’è chi la usa a favore degli immigrati, alludendo ad un razzismo che spesso è sola voglia di regole certe. Le regole, queste sconosciute, nel nostro paese. C’è chi non la festeggia proprio, i nostalgici. Insomma il solito caos italiano.
Quest’anno si è inserito nel dibattito anche il tema della guerra in Ucraina. Con l’assurda querelle su come definire quello che stanno facendo gli ucraini contro russi. Se considerarla resistenza o meno. Ormai in realtà, chi della resistenza ha conosciuto la concretezza del campo di battaglia, non c’è più. In molti ne parlano senza sapere bene perché e contro chi questa resistenza è stata fatta, infilando nel campo del bene ciò che si ritiene simpatico e nel campo del male ciò che invece si ritiene antipatico.
Una differenza, va detto, c’è tra resistenza Ucraina e italiana. Mentre il paventato nazismo ucraino è solo propaganda, o poco più; in Italia, il fascismo era ancora cosa molto reale, mentre i partigiani resistevano. Sicuramente c’erano molti più fascisti in Italia, che nazisti oggi in Ucraina. Quindi se vogliamo proprio prendere il bilancino in mano, e andare a vedere quale resistenza è più nobile, forse ci rimetteremmo.
La storia la scrivono i vincitori. Questa è la cinica legge che da sempre governa il mondo. La resistenza italiana ha vinto, e la resistenza in Ucraina è ancora in essere. Questo più di ogni altra cosa aizza i sentimenti più viscidi e impuri, della vile tifoseria di Putin. E dei nostalgici dell’Unione sovietica; che ancora si annidano in chi dei partigiani vuole prenderne i valori, e strumentalizzarli per i propri osceni fini politici.