Il celebre palazzo simbolo della Rai, un tempo fulcro vitale della televisione italiana, è ormai svuotato e ridotto a un guscio decadente. Un edificio che necessitava di interventi urgenti di ristrutturazione a causa dell’amianto e dell’umidità che vi si sono accumulati, oltre a problemi strutturali come ascensori difettosi e un sistema di riscaldamento inaffidabile. Al suo interno riecheggiano ormai solo i passi degli acari, dei topi e dei molti fantasmi, simboli di un vivace passato, che popolano i leggendari corridoi del settimo piano.
Entro la fine della settimana, i numerosi dipendenti devono abbandonare i loro uffici su viale Mazzini, dirigendosi verso il lavoro da remoto o spostandosi altrove, tra via Teulada e Saxa Rubra, o, per i più fortunati, in edifici moderni come quello dell’Eur. In questo scenario di transizione, un’eterogenea folla di portaborse e aspiranti giornalisti, giornalisti aspiranti direttori, starlette e autori, si troverà spaesata, incerta su dove dirigersi per ottenere contratti, collaborazioni o anche solo un’apparizione in tv, un gettone di presenza.
Sotto i finestroni fumé, immerso in una luce spettrale, rimane il simbolo storico della Rai: il cavallo di bronzo, un’opera di Francesco Messina. La scultura, seppur modificata in passato per bilanciare aspetti ritenuti osceni, oggi rappresenta metaforicamente un’azienda in difficoltà, alle prese con un pubblico in calo e una situazione debitoria complessa. Tuttavia, della Rai si è sempre parlato e scritto molto, con una narrazione mista di aneddoti luccicanti e sulfurei, bene spesso indistinguibile dal male. Le epoche passate hanno visto scandali e successi, censura e critiche, in una giostra di lottizzazioni politiche che hanno plasmato la compagnia attraverso i decenni.
Nel corso della storia dell’azienda, molti hanno fatto il loro ingresso nell’edificio per cercare fortuna o per dettare le proprie condizioni. In un’epoca dove influenze e spintarelle erano la norma, personaggi di spicco e nuove stelle nascenti animavano i suoi corridoi. Figure come Enzo Biagi, Michele Santoro e Daniele Luttazzi hanno sperimentato il turbinio politico e mediatico che solo un ambiente come quello della Rai poteva offrire.
Con i lavori di ristrutturazione appena iniziati e che si protrarranno per almeno cinque anni, il palazzo di viale Mazzini entra in una nuova fase della sua esistenza, lasciando dietro di sé una storia ricca di avvenimenti, tra successi, controversie e trasformazioni, come sola la cattedrale della Rai poteva condensare.