L’uccisione del generale Igor Kirillov a Mosca potrebbe rappresentare una delle ultime azioni della resistenza ucraina sotto la guida di Volodymir Zelensky, in contrasto all’invasione russa, il cui terzo anniversario si avvicina. È altamente improbabile che l’Ucraina riesca a resistere fino alla ricorrenza del 24 febbraio senza capitolare. Lo stesso Zelensky ha recentemente confutato la possibilità di riconquistare il Donbass e la Crimea, affermando che l’unica speranza risiede nella pressione diplomatica internazionale che potrebbe costringere Putin a negoziare. Zelensky ha inoltre reso noto che i russi bruciano i corpi dei nordcoreani caduti nella battaglia di Kursk, al fine di celarne i tratti asiatici e il numero, e che i bombardamenti russi colpiscono coloro che tentano di fuggire dall’oblast di Kherson.
In diversi ambienti si sentono già festeggiamenti da parte di coloro che sostenevano che una resa immediata di Kiev avrebbe preservato migliaia di vite. Venivano giudicati insensati coloro che credevano possibile resistere a un esercito come quello russo, e ancor più ridicoli coloro che sostenevano l’invio di aiuti militari richiesti dagli ucraini. Sin dall’inizio si riteneva che Kiev avrebbe perso. Perché allora alimentare false speranze? Si ritorna così ai discorsi che echeggiavano nel 1939, alla conclusione della guerra civile spagnola, quando era ormai chiaro che il governo repubblicano non avrebbe potuto resistere all’insurrezione delle forze guidate da Francisco Franco. Anche in quella occasione si sosteneva che Madrid avrebbe dovuto arrendersi subito, risparmiando alla Spagna quel massacro inutile. Queste argomentazioni, che si spacciano per realistiche, rischiano di ritornare in auge, soprattutto ora che il realismo di Donald Trump potrebbe dominare le politiche mondiali.
È giunto il momento per l’Europa di prendere una posizione decisiva. Come ha suggerito Antonio Polito recentemente, sarebbe opportuno formare una coalizione di stati per la difesa europea e creare un debito comune per le spese militari, che rappresentano oggi un tema essenziale per l’Unione Europea. Guido Crosetto, ministro della Difesa, ha previsto che Trump non escluderà gli Stati Uniti dalla NATO. Invece, l’ex presidente americano potrebbe richiedere l’uscita dei paesi non conformi al previsto aumento delle spese militari, passando dal 2% del PIL al 2,5% o addirittura al 3%, mentre attualmente l’Italia è al 1,57%. Mark Rutte, nuovo segretario generale della NATO, ha ricordato che l’Ucraina dedica quasi un quarto del suo PIL alle spese militari, oltre agli aiuti esterni. Questo è il momento in cui tutti i sostenitori di un “esercito europeo” devono dar seguito alle loro parole, almeno per costruire un contingente di duecentomila unità da impiegare in Ucraina al termine del conflitto, sotto le bandiere delle Nazioni Unite, come suggerisce Crosetto. Non sarebbe un picnic lungo la frontiera, ma una vera e propria forza per impedire nuove violenze sia da parte russa sia da rivincite ucraine.
La proposta di un cuscinetto di interposizione tra Russia e Ucraina potrebbe essere la chiave per convincere entrambi i leader, Putin e Zelensky, a una tregua. Tuttavia, la possibilità di attuare un simile piano è pressoché nulla. Paesi come l’Italia dovrebbero trovare fondi per sostenere l’operazione, affrontando un prevedibile tumulto politico. E nonostante si presenti tutto come un’iniziativa pacificatoria, è evidente il rischio di essere trascinati in una nuova fase del conflitto. Tuttavia, i veri pacifisti avrebbero finalmente l’opportunità di dimostrare che l’Europa può dettare le condizioni per il termine di una guerra. In base a un esperimento di questo tipo potrebbe finalmente nascere il tanto atteso esercito europeo, insieme a una nuova concezione dell’identità del nostro continente.