Romano Prodi si esprime chiaramente contro l’idea di un nuovo partito di ispirazione cattolica, dimostrando scetticismo verso le proposte di riorganizzazione del centrosinistra. Egli evita accuratamente di apparire come il “magoo” che potrebbe insegnare al centrosinistra come sconfiggere il centrodestra di Giorgia Meloni, tipicamente ironica nei suoi interventi in Parlamento. Prodi respinge anche l’idea di essere il burattinaio di una fantomatica federazione moderata, benché continui a porsi come critico radicale del governo attuale.
L’ex presidente del Consiglio e della Commissione europea sottolinea la pericolosità di questa destra, da lui ritenuta più insidiosa rispetto a quella guidata in passato da Silvio Berlusconi. “Fratelli d’Italia”, afferma, “si richiama a radici estremistiche e verbalmente violente, ponendosi più a destra di Forza Italia”. Quindi, nonostante Forza Italia rappresenti oggi l’ala moderata della coalizione, il successo del centrodestra è facilitato dalle divisioni interne al centrosinistra.
Prodi sembra desiderare una correzione della percezione pubblica del suo profilo politico dopo alcuni fraintendimenti. Rimane comunque il fatto che il centrodestra, consolidando la propria stabilità, fornisce continuità al governo, mentre il Partito Democratico e gli altri protagonisti di sinistra appaiono frammentati e incapaci di costruire un’alternativa concreta. Questo porta a considerazioni sull’assenza di nuovi leader e idee significative negli ultimi vent’anni dalla sinistra, un argomento che Prodi non accetta, denunciando come estranee alle sue convinzioni tali attribuzioni.
L’ex premier chiarisce di non avere un dialogo costante con nessuno attualmente e si dissocia dalla narrativa che lo vede come sostenitore della candidatura di Ernesto Maria Ruffini come guida di un centro cattolico. Pur essendo amico di Ruffini e avendogli scritto la prefazione a un libro, Prodi si dichiara contrario alla creazione di un partito cattolico, ritenendo questa costruzione impossibile e velleitaria. La seva idea è quella di unire differenti riformismi: cattolico, liberale e socialista.
L’alludere a un possibile schieramento delle opposizioni, eterogenee e divise, come il M5S, trova Prodi solo parzialmente d’accordo. Egli vede nella relazione tra Elly Schlein e Giuseppe Conte una lotta personale piuttosto che una vera competizione tra programmi politici diversi. Tuttavia, la prospettiva e l’auspicio che la guerra in Ucraina finisca presto potrebbero modificare lo scenario. La posizione dell’Italia, atlantista, dà una certa credibilità a Giorgia Meloni a livello internazionale, anche se secondo Prodi, ciò può essere visto solo come un’obbedienza alle grandi potenze.
Non manca una critica diretta alla premier, accusata di debolezza e insicurezza, che ha reagito male alle sue affermazioni. Prodi insiste: la premier è stata obbediente a leader come Biden e Trump, inizialmente ribellandosi alla Commissione di Ursula von der Leyen, ma alla fine adattandosi. Potrebbe esserci, sostiene Prodi, un timore da parte di Meloni che una nuova coalizione riformista possa emergere, in grado di sfidare effettivamente l’attuale destra.
Malgrado riconosca la stabilità dell’attuale governo, Prodi non lo loda per questo. Anzi, vede la stabilità pagata al prezzo di un immobilismo delle riforme. Sebbene Meloni abbia saputo gestire le tensioni interne con abilità, Prodi non esclude che crescenti problemi possano portare a tentazioni di elezioni anticipate.