JD Vance, il vicepresidente degli Stati Uniti, noto per le sue opinioni forti e spesso controverse, è giunto a Roma per una visita che fonde impegni ufficiali a momenti personali. Figlio dell’America profonda, Vance è stato un sostenitore chiave dell’ascesa politica di Donald Trump, incarnando un approccio che combina realismo politico e una spiccata avversione per la globalizzazione.

Durante la sua permanenza a Roma, Vance ha sottolineato il valore della città come simbolo del cristianesimo, nonostante le parole passate abbiano scatenato polemiche definendo gli europei “parassiti”. Questo viaggio in Italia, in parte vacanza, è ammantato dall’atmosfera di una visita d’altri tempi, con un vasto seguito mediatico e mezzi di sicurezza a profusione. La sua figura è generalmente percepita come quella di un duro antagonista delle élite e un fervido sostenitore di posizioni conservatrici, specie in ambito religioso dopo la sua conversione al cattolicesimo.

L’incontro con la premier italiana Giorgia Meloni è stato segnato da un’affinità intellettuale e generazionale; entrambi quarantenni, condividono una visione del mondo e solcano insieme un cammino politico simile. L’evento, avvenuto a Palazzo Chigi, si è concluso con un tete-à-tete che ha evidenziato una forte sintonia. Mentre Tajani e Salvini erano presenti, spiccava la rappresentazione del vicepresidente americano come interlocutore prediletto della Meloni, con una connessione basata sia su temi culturali e politici che su una visione condivisa per il futuro.

A completamento della giornata, Vance ha partecipato alle celebrazioni del Venerdì Santo nella Basilica di San Pietro e ha incontrato esponenti della cultura locale, in un itinerario che ha reso evidente il suo interesse per le tradizioni e la storia italiana. Tuttavia, il passaggio del suo corteo ha causato non poca frustrazione tra i romani, intrappolati in ingorghi monumentali, mentre nei commenti si mescolavano malumori con un’ironia tipicamente capitolina.

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