Tre colossi dell’industria aerospaziale europea, Airbus, Leonardo e Thales Alenia Space, stanno valutando di unirsi in una joint venture con l’obiettivo di competere più efficacemente con SpaceX di Elon Musk. Questo progetto potrebbe mettere alla prova la volontà dell’Europa di creare grandiosi conglomerati industriali globali oppure vedere prevalere gli interessi nazionali e le normative di concorrenza dell’Unione Europea.
Il piano punta a rafforzare la produzione di satelliti, soprattutto in relazione ai dispositivi destinati all’orbita terrestre bassa, fondamentali per le telecomunicazioni commerciali. Questo sforzo è percepito come necessario in seguito alle preoccupazioni espresse dal Presidente del Consiglio italiano, Giorgia Meloni, che ha lamentato l’assenza di alternative pubbliche disponibili nel settore. Durante una conferenza stampa ha ripreso il perché l’Italia e l’Europa non siano state in grado, in passato, di progettare tecnologie pubbliche per le comunicazioni sicure. Questo è stato sottolineato in risposta alla crescente instabilità politica globale, come dimostrato dall’atteggiamento variabile dell’ex Presidente statunitense Donald Trump che ha influenzato l’accesso dell’Ucraina alle immagini satellitari.
Tuttavia, l’assenza di un forte coinvolgimento e supporto governativo potrebbe trasformare l’ambizioso progetto europeo in un insuccesso, come dimostrato dalla mancata fusione di €38 miliardi tra EADS e BAE Systems una decina d’anni fa, ostacolata dalla mancanza di accordo tra i governi. L’Italia, avendo una quota del 30% in Leonardo, e possedendo indirettamente anche una parte di Thales Alenia Space, insieme alla Francia sembrano pronte a sostenere la joint venture. Al contempo, la Germania si mostra riluttante, temendo di essere oscurata da Francia e Italia nel settore spaziale.
D’altra parte, l’esecutivo europeo cerca disperatamente di sostenere l’emergere di campioni industriali. La presidente della Commissione Ursula von der Leyen ha sottolineato l’importanza del vantaggio continentale in un panorama dominato dai giganti globali. La potenziale partnership, denominata “Progetto Bromo”, si pone come una forza competitiva contro gli operatori stranieri nel settore delle telecomunicazioni satellitari. Nonostante ciò, bisogna affrontare le restrizioni delle norme antitrust dell’Unione Europea. Infatti, il regolamento attuale della concorrenza scoraggia le fusioni che riducono eccessivamente la competizione nel mercato.
La casa tedesca OHB, unico concorrente istituzionale potenzialmente rimasto, ha espresso forti perplessità verso l’accordo, temendo la formazione di un monopolio nocivo per cliente e industria. Si rivivono così i timori del caso Siemens-Alstom, quando Margrethe Vestager bloccò la fusione di due colossi ferroviari per motivi analoghi, nonostante la pressione derivante dalla concorrenza cinese. Tuttavia, il panorama a Bruxelles appare mutato sotto la spinta della necessità di rafforzare la competitività europea, come suggerito dalla storica relazione di Mario Draghi.
L’opportunità di frenare l’espansione europea di Musk rappresenta una motivazione attraente per alcuni. Secondo esperti come Zsuzsanna Benyo di SpaceABC, la joint venture potrebbe posizionare strategicamente l’Europa nel settore globale dei satelliti. Tuttavia, rimane incerto come la politica industriale dell’Unione Europea si concilierà con le regole di concorrenza esistenti. Guillaume Faury di Airbus ha messo in evidenza le incertezze riguardo alla posizione dell’UE sulle regole antitrust, auspicando un sostegno verso la creazione di un campione industriale.
La competitività europea è ora minacciata anche dalla rapida evoluzione del settore spaziale, con aziende private come Starlink che dettano i ritmi di sviluppo. Le tensioni sui tempi di risposta e le manovre politiche sono emerse chiaramente nel progetto IRIS² dell’UE, finalizzato allo sviluppo di un sistema satellitare sicuro per agenzie di intelligence e forze armate. Tuttavia, i ritardi burocratici potrebbero spingere gli stati membri a rivolgersi altrove per risolvere le loro necessità immediate, mettendo a rischio i piani di un’Europa autonoma nel campo delle comunicazioni strategiche.