Al Bif&st di Bari, Sergio Rubini ha condiviso un racconto surreale del suo coinvolgimento nella produzione del film di Mel Gibson, “La passione di Cristo”. Durante l’evento, ha parlato di come quell’esperienza lo portò in uno stato di sconforto profondo. Il film, noto per la sua rappresentazione dettagliata e cruda degli ultimi momenti della vita di Cristo, fu girato in diverse location italiane, tra cui Cinecittà, la Puglia e Matera.

In parallelo, l’attore Jim Caviezel sta per riprendere il ruolo di protagonista nel sequel intitolato “La Resurrezione di Cristo”. Nonostante il passare degli anni, grazie agli effetti speciali, Caviezel apparirà ringiovanito nel nuovo film, mentre la lingua del set sarà l’inglese, abbandonando l’antico aramaico. La romena Maia Morgenstern e l’italiano Francesco De Vito interpreteranno rispettivamente Maria e l’apostolo Pietro.

Rubini ricorda il clima quasi mistico che permeava il set, con celebrazioni religiose officiate regolarmente. Molti tra il cast e la troupe avrebbero vissuto esperienze inspiegabili sul set, con alcuni che sostenevano di aver avuto visioni della Madonna. Mel Gibson, profondamente coinvolto spiritualmente e professionalmente nel progetto, pretendeva totale dedizione, creando un’atmosfera di rigore quasi ascetico.

Sergio Rubini, che interpretava il “ladrone buono”, racconta l’esigenza di un realismo quasi brutale imposta dal regista. Costretto a rimanere appeso alla croce per lunghi periodi, Rubini poteva riposarsi solo su un piccolo sellino da bicicletta nei momenti in cui le riprese erano sospese. Gibson, con la sua visione artistica estrema, rendeva l’ambiente teso ma in qualche modo affascinante.

Nonostante tutte le difficoltà, il film si rivelò un successo globale, raggiungendo un incasso di 612 milioni di dollari e ottenendo tre nomination agli Oscar. Gibson, grato per il trionfo del film, inviò a Rubini una somma di denaro extra, che inizialmente l’attore rifiutò ma successivamente accettò per far riparare la sua auto.

Sebbene Rubini scherzi sul fatto che difficilmente verrà chiamato per il sequel, la sua dedizione al mestiere rimane indiscussa. Egli confronto tra la modernità delle serie televisive e il cinema tradizionale, affermando che mentre le prime saziano un bisogno continuo lasciando le storie sempre aperte, i film impegnano e stimolano profondamente lo spettatore.

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