L’Armenia sta conoscendo una moderna forma di diaspora, a fronte di circa 3 milioni di armeni che vivono nel proprio paese ci sono circa 10 milioni di connazionali emigrati che vivono nel resto del mondo. Il paese è molto povero e corrotto, il tasso di disoccupazione e altissimo. Per dare un’idea del livello di corruzione presente nel paese, basta pensare che una persona deve stare molto attenta a chi fa una denuncia, la Polizia lo dichiererà non in grado di intendere e volore, insomma matto, se la persona denunciata è un potente.
Ma gli Armeni non sembrano preoccuparsi troppo di questa loro condizione, non sono persone che smaniano dalla voglia di lavorare o di arricchirsi. Se sono disoccupati durante il giorno non li troverete muoversi da un capo all’altro della città per fare colloqui e cercare lavoro, molto più probabile invece che li troverete intenti a giocare a scacchi o a nard (un gioco di origini persiane), sorsegiando il tan, una tipica bevanda a base di yogourt e acqua.
Certo non vivono nel lusso ma nella povertà, si stima che il 35% della popolazione sia povera, la loro tavala è per lo più riempita con i prodotti dell’orto di casa, l’inverno magari possono permettersi di riscaldare una sola stanza, ma loro sono abituati alla povertà, quindi non vivono la pesantezza della loro situazione.
Le molte guerre e persecuzioni che hanno affrontato hanno instaurato in loro una sorta di atavica paura, quasi genetica. Tutto ciò li porta a comportarsi come se non volessero disturbare, quasi come se chiedere lavoro e diritti sia concepito come una forma di maleducato disturbo.
I loro politici possono comprare un voto da una persona con 35 dollari, ecco perché il potere è saldamente nelle mani di pochi ricchi oligarchi che fanno il buono e il cattivo tempo della cosa pubblica.
L’emigrazione è parte integrante della cultura popolare, ma lo è anche la nostalgia di casa, un armeno è un essere unico al mondo e difficilmente trova un posto dove potersi integrare. Quella voglia di tornare a casa resta sempre, dice Nika, una regista di documentari, emigrata in Germania poi ritornata a Erevan, la capitale armena: mi mancavano sopratutto le notti passate a chiacchierare con gli amici, perché mentre un europeo va a dormire presto se l’indomani deve lavorare, per un armeno non è mai troppo tardi …